Sono trecentomila gli studenti stranieri nei nostri istituti e fra 15 anni saranno un milione. Il problema e' mettere d'accordo accoglienza e rendimento scolastico tra i nuovi arrivati e gli scolari italiani.
Un giorno a scuola compare un ragazzo che ha la pelle piu' scura e non capisce una parola d'italiano. Non e' il "marocchino della terza C", e neppure "quello la' che viene da lontano": e' semplicemente "Abdoullah", 12 anni e tanta tristezza negli occhi. Nessuno lascia a cuor leggero la propria terra, anche se e' troppo avara per sfamarlo. Adesso che e' qui spera almeno di non andare piu' a dormire con la pancia vuota. E di trovare, tra i banchi di scuola, anche qualche amico che lo aiuti a fare i compiti, gli insegni la lingua e le abitudini degli italiani e che lo stia ad ascoltare quando parla del suo Paese. Perche' anche lui ha molte cose da raccontare.
Una galassia di etnie
Il mondo, purtroppo, e' pieno di guerre e di miserie. Non da oggi. E, difatti, l'immigrazione e' gia' problema vecchio. Insieme con i nuovi arrivati, ci sono i ragazzi stranieri nati in Italia o sbarcati qui quand'erano piccoli. Loro non si sentono piu' stranieri, ma "italiani". Vogliono essere uguali ai loro amici, anche se sono orgogliosi delle proprie origini culturali e religiose.
Sognano un futuro diverso da quello dei loro genitori. Ma saranno meno disponibili ad accettare i lavori piu' umili e pesanti. Inoltre, avranno conflitti familiari per la diversa educazione ricevuta. In uno studio della "Fondazione Agnelli" si legge: "In un'Italia demograficamente stanca, i figli degli immigrati daranno nuove energie. Non sempre pero' il mercato del lavoro riuscira' a rispondere alla loro voglia di crescere". Per le "seconde generazioni" sono previste molte delusioni.
E, tuttavia, il fiume non si ferma. Seimila nell'84. Tredicimila nel '90. Cinquantamila nel '96. Piu' di 232 mila nel 2003. Trecentomila quest'anno. La migrazione degli studenti extracomunitari investe l'Italia proprio come un fiume in piena. Secondo le proiezioni, tra 15 anni saranno un milione i ragazzi stranieri nelle scuole italiane.
La loro crescita inarrestabile porta problemi, scatena polemiche. Complessivamente gli studenti stranieri da noi sono il 3,5% del totale. I Paesi industriali che ci circondano ne hanno molti di piu': la Francia il 6%; la Germania il 9%. La nostra immigrazione, pero', ha caratteristiche diverse: mentre in Francia la comunita' dominante e' quella maghrebina e in Germania e' quella turca, da noi c'e' una vera galassia di etnie: sono rappresentate 194 nazioni. In testa l'Albania, poi il Marocco, la Romania, la Cina e tutti gli altri. Una nebulosa di lingue e abitudini.
Un'idea pericolosa
I responsabili della scuola, gli insegnanti e i genitori cercano di mettere d'accordo accoglienza e rendimento scolastico, e cioe' di garantire l'inserimento degli stranieri senza che i ragazzi italiani siano rallentati nello studio. ... possibile? Per il momento l'impressione e' che ognuno tenti una propria via.
A Milano, un liceo pubblico (17 femmine, tre maschi) ha aperto una classe per soli studenti islamici. Con insegnanti italiani, ovviamente. Ne' Corano e ne' Vangelo, ma programmi ministeriali come quelli degli altri allievi. Spiega il preside: "L'esperimento riguarda minori di famiglie integraliste che, senza questa classe separata, non avrebbero fatto proseguire gli studi ai figli. Abbiamo compiuto un dovere di solidarieta', tra l'altro, previsto dalla carta dei diritti del fanciullo". Un'emergenza? Certo non puo' essere questa la strada giusta per l'integrazione, perche' se due persone restano isolate non possono davvero integrarsi.
A Brescia, dove un neonato su tre oggi e' figlio di immigrati, in un istituto del centro storico, tra elementari e medie ci sono 700 allievi, il 48% dei quali di nazionalita' straniera. Spaventati dalle cifre e, soprattutto, temendo un rallentamento dell'andamento scolastico, alcuni genitori hanno addirittura ritirato i figli da scuola.
Ed ecco allora la proposta di introdurre il sistema delle quote e cioe' non piu' di tanti extracomunitari per classe. Come se gli alunni stranieri fossero soltanto un peso, una penitenza da sopportare un po' per uno. "L'idea e' pericolosa - osservano gli insegnanti piu' sensibili - : si comincia con le quote e si finisce magari alle classi segregate, come nell'America di Martin Luther King o nel Sudafrica dell'apartheid". La scuola non puo' fare discriminazioni.
Diversita' come risorsa
Il ministero ha bocciato il progetto bresciano. Ma a Genova le quote sono in vigore, soltanto che le chiamano "opportunita'". Nel capoluogo ligure gli studenti stranieri sono intorno al 20%. Nel centro storico, pero', che testimonia la parte migliore della storia genovese, intessuta di rapporti con il mondo arabo, la percentuale sale al 35-40%.
Ecco quindi l'idea: organizzare una rete di accoglienza che distribuisca gli allievi stranieri nelle varie scuole. Ufficio scolastico provinciale, Comune, circoscrizione e singoli istituti hanno firmato un protocollo d'intesa per evitare una eccessiva concentrazione di allievi "migranti" nelle primarie e nelle secondarie di primo grado.
Tra gli istituti coinvolti c'e' anche la scuola media "Don Milani". Un nome che richiama alla memoria un paese del Mugello, dove mezzo secolo fa un prete straordinario in tonaca scura insegnava ai suoi alunni la condivisione, la curiosita' e la tolleranza.
Se a Genova gli studenti stranieri sono soprattutto ecuadoregni, a Prato, la "capitale degli stracci", la maggioranza e' cinese. La ricca citta' della Toscana ha 170 mila abitanti, 30 mila dei quali sono extracomunitari. Qui, per facilitare l'accoglienza, si e' creata una squadra di mediatori interculturali, psicologi, esperti di linguistica e si sono aperti decine di laboratori. "Poi sono finiti i quattrini, abbiamo dovuto chiudere i laboratori e rinunciare ai tutor", dice uno dei docenti. E conclude: "Se si lavora bene, aiutandosi l'un l'altro, la presenza dei ragazzi stranieri nella scuola puo' essere una ricchezza e non una limitazione o una disdetta da evitare. La diversita' puo' diventare una risorsa. Attenzione pero': gli aiuti sono indispensabili, altrimenti si rischia il caos".
Il compito appare difficile. Mancano molte strutture, soprattutto corsi di sostegno linguistico, e manca una regia centrale in grado anche di fornire i fondi indispensabili. I quattrini sono importanti, ma non bastano: pregiudizi e diffidenza sono ancora profondi. Bisognera' accantonarli, perche' la sfida e' inevitabile: il nostro Paese, come tutti gli altri economicamente progrediti in Europa, sara' sempre piu' multietnico.
E' anche un compito che non puo' essere scaricato soltanto sulla scuola. Ognuno deve fare la propria parte per allontanare sospetti e diffidenze. Bastera' forse imparare dai ragazzi, italiani e stranieri, dalla loro naturale capacita' di dialogare. E del resto, una societa' chiusa in se stessa e' destinata a spegnersi.
LIDIA GIANASSO