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Ci vediamo al Centro Commerciale

Inesorabili centri commerciali. Ne nasce uno ogni settimana: super, iper, mega-mercati. Sempre più grandi, città nelle campagne, paradisi dello shopping e del divertimento. Offrono la possibilità di trovare nello stesso posto molti prodotti che prima bisognava acquistare in luoghi diversi, spesso lontani l’uno dall’altro. Ci stanno anche cambiando panorama e abitudini. Diventano la "nuova piazza" dove socializzare, luogo d’incontro soprattutto per i ragazzi.
 
Sono stati inventati in America negli Anni Cinquanta, recentemente si sono diffusishopping in Asia, dove sorgono colossi come il cinese South China Mall di Dongguan, il più grande del mondo: 660 mila metri quadrati di superficie, con mulini a vento, canali, lagune e strade che copiano Parigi, Venezia e Amsterdam. Da noi sono esplosi dopo l’arrivo dell’euro e da allora continuano ad ingigantirsi.
 
All’inizio del 2007 in Italia erano 650, adesso sono più di 700, soprattutto al Nord. La crisi economica ha frenato un po’ le nuove aperture, ma per il 2008 ne sono previste altre 70. Gli esperti di marketing dicono che "in Europa siamo fra i primi nel settore, dietro a Russia e Turchia, i Paesi dove soltanto ora avanza il consumismo".
 

Libertà o trappola?

Dobbiamo rallegrarci o preoccuparci? In altre parole: i centri commerciali sono un segnale di "progresso e di libertà", come sostengono alcuni; oppure "trappole" per indurci all’acquisto "conveniente ma inevitabile", come ribattono altri? Questi maxi centri sono città coperte, un po’ come quelle costruite in Canada perché fuori fa troppo freddo. Hanno ristoranti, bar, sale giochi, palestre, cinema, piazze e panchine.
 
Sono facilmente raggiungibili in autostrada e hanno comodi parcheggi. Uniscono divertimento e shopping. Ad attrarci sono l’abbondanza delle merci e la percezione della convenienza, ma il lavoro continua anche quando i negozi sono chiusi: dopo gli acquisti, ci sono gli spettacoli, il bowling, la pizza. E la spesa non finisce mai.
 
shoppingA prima vista sembra che i consumatori abbiano libertà totale, ma se osservi bene ti accorgi che sei in mezzo ad una folla intruppata lì dalla pubblicità martellante, pilotata dai network. Tutto è fatto per stupire e per attrarre. Giri fra un lustrino e l’altro e finisci per considerare indispensabile anche il superfluo.
 
Torni a casa convinto di aver fatto un buon affare e invece hai speso molto più del previsto. È la cosiddetta "manipolazione degli acquisti", uno dei fenomeni più frequenti della nostra società. E appare perlomeno riduttivo anche additare queste enormi scatole lucenti come esempi di "progresso ed efficienza del commercio": lo sviluppo della vendita al dettaglio non crea nuova occupazione, ma si limita a sostituire quella che c’era prima. Senza contare che in questi centri globalizzati, la maggior parte dei negozi appartiene a catene nazionali e internazionali.
 

Una piazza per i ragazzi

Il mondo è sempre più affamato, eppure sembra che il problema sia non la produzione di prodotti necessari, ma la produzione dei consumatori. E i consumatori considerati più interessanti sono i ragazzi. Per due motivi: grazie alla loro età sono quelli che consumeranno più a lungo e già ora decidono in gran parte gli acquisti della famiglia.
 
Non a caso i centri commerciali di solito sorgono nelle periferie. Portano "il centro cittadino" dove manca una piazza per incontrarsi. Così sono diventati un ritrovo per i ragazzi. Si riuniscono non tanto per fare acquisti, quanto per stare assieme. Ma il campanello suona: ci sono il nuovo gioco elettronico, l’ultimo telefonino, le scarpe griffate, la t-shirt, eccetera. Come resistere?
 
A proposito di griffe, ecco gli outlet, altri paradisi dello shopping. Riuniscono shoppingnegozi che propongono prodotti firmati con notevoli sconti perché ormai "vecchi" di almeno un anno, oppure confezionati per la presentazione del campionario. "Villaggi di saldi continui", è la definizione degli esperti, sul modello americano. Sono arrivati in Italia nel Duemila, il primo a Serravalle Scrivia, in provincia di Alessandria. Sono costruiti come paesini tipici italiani, ma alcuni sfoggiano architetture antiche, come l’outlet di Castel Romano che riecheggia la Roma di Cesare.
 
La loro collocazione è strategica: sempre vicino a superstrade o autostrade, a non più di un’ora dalle città, in modo di essere al centro di "bacini di utenza" di milioni di persone. Non è difficile nel nostro Paese scegliere un posto turisticamente apprezzabile e non ancora sfruttato: all’outlet ormai si va in gita.
 
"Il proliferare dei centri commerciali riflette la nostra società sempre più dei consumi e meno della produzione", osserva Mauro Ferraresi, docente di sociologia all’Università Iulm di Milano. E aggiunge: "Gli incitamenti a consumare sono ovunque, non solo per la pubblicità, ma anche perché vediamo gli altri che esibiscono prodotti di marca. Ci sono altre due strategie per farci consumare di più. Primo, rendere lo shopping sempre più piacevole. Secondo, moltiplicare le occasioni di consumo".
 
Ogni giorno si inventa una festa e ovunque ci troviamo davanti qualcosa da comperare. Aeroporti, stazioni, musei e persino ospedali hanno spazi per boutique che vendono di tutto. Giri intrappolato in quei dedali luccicanti e finisci per acquistare qualcosa. Nella stazione Termini a Roma è sorto un grande centro con negozi, ristoranti, bar e palestra. Lo scorso anno il giro d’affari ha superato i 250 milioni di euro. La formula sarà ripetuta a Milano, Napoli e Torino.
 

Il profumo come esca

Spiega Francesco Gallucci, docente di sociologia della comunicazione al Politecnico di Torino e autore di Marketing emozionale: "Chi si limita ad esporre la merce, perde. I negozi devono emozionare e offrire più possibilità di consumo nello stile della griffe: immersi nella stessa atmosfera possiamo comprare abiti, oggetti per la casa e mangiare".
 
Il professore rivela che, per sedurre i clienti, si fa leva anche sull’olfatto. Negli Stati Uniti si sono fatti alcuni esperimenti: negozi di elettronica aromatizzati con profumi tropicali, espositori di telefonini al cioccolato. Aromi gradevoli incoraggiano i clienti a esaminare il prodotto più a lungo. L’ultima prova compiuta nel negozio di elettronica profumato alla violetta in un centro commerciale del Texas ha segnato un aumento negli acquisti del 15 per cento.
 
Dal mondo anglosassone abbiamo imparato anche il modo di comprare. La regola pare sia diventata: "Acquista oggi e paghi tra sei mesi". A rate anche le vacanze e non soltanto la tv al plasma e gli elettrodomestici. Non hai soldi? Fa niente, compra. Si chiama "credito al consumo". Il fatto è che comperare a rate è tutt’altro che conveniente. Hanno calcolato che se tutti gli italiani volessero estinguere i propri debiti (mutui esclusi) dovrebbero sborsare quasi la metà del loro stipendio per 12 mesi.
 
È cambiata anche la tipologia dei consumi. "Molti oggetti, per esempio il computer, sono percepiti come irrinunciabili e per averli siamo disposti ad indebitarci", spiega Tullio Jappelli, docente di economia all’Università Federico II di Napoli. L’esperto osserva che soprattutto le proposte di pagamento più allettanti, quelle a "costo zero", sono da indagare con la massima attenzione. In effetti non esistono, perché "nessuno è disposto a offrire un servizio come la rateizzazione senza realizzare un profitto".
 

Pecore al pascolo

Lo scrittore romano Marco Lodoli sul suo blog racconta di Manolo, "un ragazzetto scapigliato e nervoso" che a scuola ha fatto in 3 minuti un’analisi chiara di ciò che sta accadendo. Eccola: "Voi insegnanti ci dite che i desideri sono la nostra rovina, che ci costringono in una situazione d’affanno perenne, di dipendenza, di mortificazione del pensiero. I desideri ci spingono nei centri commerciali dove siamo come pecore al pascolo e noi sbaviamo dietro un telefonino, un paio di scarpe firmate e intanto non ci accorgiamo che il lupo si sbrana la nostra vita.
 
Ci parlate di Leopardi e di Schopenhauer, insistete perché noi ragazzi non perdiamo tempo ed energie a rincorrere false soddisfazioni… Ma poi pubblicitari, uomini di marketing, televisioni, belle ragazze in mutande, politici tutti soffiano a pieni polmoni nelle vele del desiderio… La gente impazzisce, si perde, s’indebita e i giovani si confondono, si viziano, diventano sempre più deboli… Mentre una diffusa pedagogia sociale ripete: se spendi ci sei".
©Mondo Erre - Cenzino Mussa
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