Multe ai fumatori
A Capoliveri, uno dei Comuni dell’isola d’Elba, i ragazzi che verranno trovati a fumare saranno multati. Le sanzioni raggiungono i 500 euro. L’ordinanza del sindaco è l’ultima tappa d’una stagione di divieti
iniziata con i provvedimenti sulla vendita e il consumo di bevande alcoliche a Milano.
L’intento è lodevole poiché un terzo di quindicenni italiani fuma e il fumo, quando non uccide, provoca danni spesso irreparabili, fa cadere i capelli, dà alito cattivo, guasta la pelle e i denti. Insomma, fumare è da sciocchi. Ma il rischio è che, come sempre, il divieto generi il gusto della trasgressione.
Forse, più che le proibizioni, potrebbero essere efficaci l’esempio e le parole. Senza prendere di petto i ragazzi, ma trattandoli come persone coscienti e mature. Però è credibile un genitore che illustra al figlio i danni del tabacco e intanto fuma?
Generazione pigrizia
Gli ultimi rilievi statistici rivelano che i ragazzi italiani non si muovono a sufficienza: 6,5 milioni di loro non hanno mai fatto pratica sportiva, in alcune classi il tasso di esenzione dalle ore di educazione fisica raggiunge il 40%. Concentratissimi davanti a un computer, tre ore al giorno, annoiati a morte se c’è da mettere alla prova il proprio corpo.
Pare sia una tendenza europea: in Francia la chiamano “generazione pigrizia”. Noi, però, secondo i parametri Ue, siamo i più pelandroni: il 41% della popolazione italiana è catalogata alla voce “sedentarietà assoluta”. All’opposto c’è la Finlandia, con il 7% di inattivi.
Mi domando se sia tutta colpa dei ragazzi. Certo, i videogame, Internet, face book dilagano, ma la società ha un debito con i ragazzi: ha sottratto loro lo spazio normale del gioco nei luoghi pubblici, nelle strade, nelle piazze. E non l’ha sostituito con attrezzature adeguate. In bici si rischia l’incidente, lo jogging è un suicidio polmonare. Parecchi anni fa a Napoli mi trovai ad aspettare che venisse realizzato un rigore prima di poter passare con la mia auto. Il portiere che l’aveva parato, un piccoletto bravissimo, mi disse: “Può passare, non vede che la porta è aperta?”.
Se ti chiami Chantal
Talvolta sbagliano anche i professori. L’Università di Oldenburg, in Germania, ha interpellato 2 mila insegnanti sulle reazioni provocate dai nomi degli studenti. Nella metà degli interpellati, nomi poco tradizionali come Kevin, Chantal, Angelina, Mandy e Maurice provocano un immediato giudizio negativo. Così le stravaganze dei padri ricadono sui figli.
Il rischio che i Kevin le Chantal si trascinino per sempre qualche
ferita provocata dal pregiudizio pare sia alto. È un problema soltanto tedesco? Lo snobismo in fatto di nomi è una realtà in tutte le società a forte immigrazione e molto influenzate dai modelli mediatici: la scuola, però, dovrebbe esserne immune.
La professoressa Kaiser che ha pilotato l’inchiesta, consiglia (sottovoce) di non seguire le celebrità quando si sceglie il nome dei figli. E aggiunge (ad alta voce) di “educare gli insegnanti sui pericoli dei loro pregiudizi”.
CARLO CONTI RISPONDE
Chi pensa alle domande
Siamo un gruppo di studenti delle Suore Orsoline di Brescia e discutiamo spesso sull’Eredità, specialmente sulla “Ghigliottina”, che ritiene utile a livello linguistico.
Secondo lei dovreste fare più domande di grammatica e sulla Bibbia, perché in questi campi c’è più ignoranza che altrove. Vorremmo però sapere chi prepara le domande del gioco: lei da solo o con un’équipe? Grazie.
La Prima Media A
Cari ragazzi,
di solito non rispondo alle lettere sulle mie trasmissioni: non mi piace fare “autopubblicità”. Faccio un’eccezione con voi. La vostra insegnante ha ragione e difatti, in questa nuova edizione dell’Eredità, avrete notato che abbiamo aumentato i quesiti sulle materie in questione, soprattutto nel “gioco del tabellone”. E dico “abbiamo” perché lavora con me una fortissima squadra di collaboratori che prepara ogni sera le puntate della trasmissione. Grazie per quanto mi avete inviato, e un abbraccio a voi e alla vostra insegnante.
©Mondo Erre - Carlo Conti