È incominciato tutto la scorsa estate con Na Na Na, il brano finito a fare da sigla alla seguitissima trasmissione TRL, in onda al pomeriggio su MTV. A eseguirla, i Broken Heart College, fino a quel momento sconosciuti ai più. Ma il pezzo è trascinante, contagioso e spacca, diventando un tormentone. Per Michy (voce) e Nick (chitarra e voce), ovvero i BHC, è un cambio di rotta immediato, imprevisto e ovviamente benvenuto per la loro carriera.
Fino ad allora, i due amici nativi di Roma avevano inseguito “l’occasione della vita” anche per strade separate, senza però trovarla. Nick suonando nel gruppo Hopes Die Last, che lo aveva portato in tour negli Stati Uniti, e Michy cantando in una band alternativa romana dopo aver passato tre anni negli USA.
Poi, nel 2008, i due si ritrovano e decidono di mettere in piedi i BHC. L’idea è di non fermarsi solo alla musica, ma di sviluppare un progetto di più ampio respiro che coinvolga anche la recitazione, sul modello dei Jonas Brothers. Così Nick e Michy, oltre a continuare a studiare sugli spartiti, prendono lezioni di dizione.
Intanto mettono a punto delle nuove canzoni, la prima delle quali è la fortunata Na Na Na, che anticipa il loro mini cd intitolato semplicemente Broken Heart College. Un lavoro scoppiettante, con sei brani eseguiti in inglese e in italiano dal grintoso volto pop-rock, da cui spunta la cover di Wannabe, hit delle Spice Girls.
Raggiunti via telefono da Mondo Erre, ecco cosa ci hanno raccontato.
L’intervista
Quando vi siete imbattuti nelle sette note?
Nick: Nella mia famiglia, quasi tutti hanno avuto a che fare un po’ con la musica, per cui a 12 anni suonavo già la chitarra e speravo un giorno potesse diventare la mia professione.
Michy: Anch’io ho incominciato a cantare presto, ma per pura passione. Nessuno mi ha spinto su questa strada.
In quale modo è nata la vostra amicizia?
M: Ci ha presentati un amico comune, anche se un po’ ci conoscevamo già, visto che abitavamo nello stesso piccolo paese. A cementarla è stata la musica: ci piacevano gli stessi artisti e volevamo fare qualcosa di nostro.
Entrambi siete stati in America. Cosa vi ha dato questa esperienza?
N: È stata un’avventura che ci ha fatto maturare e segnato per tutta la vita, benché vissuta in maniera diversa. Negli USA, Michy ha trascorso una fetta della sua esistenza, mentre io ho girato con la mia band per tanti locali.
Arrivate da progetti diversi, addirittura alternativi, mentre i BHC sono comunque più pop. Perché questa scelta?
M:Oggi come ieri abbiamo sempre ascoltato di tutto, dal metal al blues, senza alcun problema: non ci piacciono le catalogazioni. Le nostre canzoni prendono ispirazione da un genere che ci è sempre piaciuto, il pop-punk, e che da tempo volevamo suonare. Con i BHC ci siamo riusciti.
I brani sono in inglese e in italiano. In quale lingua preferite scrivere?
N: In inglese, è meno impegnativo dell’italiano. Per il genere che facciamo, le linee vocali si adattano meglio della nostra lingua.
Siete tra i pochi nomi nuovi che non sono usciti da un talent show.
M: In effetti, negli ultimi tempi quasi tutte le forze fresche della musica sono spuntate da queste trasmissioni… Un motivo in più per essere soddisfatti dei risultati ottenuti contando solo sulle nostre forze.
Non avete mai pensato di parteciparvi?
N:No, abbiamo un’altra idea di band e i nostri percorsi musicali lo dimostrano. Ci piace stare sul palco, fare i demo da portare nelle case discografiche, provare e riprovare. Non siamo i tipi adatti per un talent show.
In quale modo è scaturita Na Na Na?
M: In maniera molto semplice, sulla chitarra, come quasi tutti i nostri pezzi. Avevamo questo ritornello, a cui cercavamo di metterci un testo e che, provvisoriamente, cantavamo con il solo na na na. Riascoltandola, però, ci siamo accorti che stava bene anche così, si faceva ricordare meglio, e lo abbiamo tenuto. Poi, per fortuna, è stata scelta come sigla di TRL, e da lì è iniziato tutto.
Incuriosisce nella play list del cd la presenza di Wannabe, hit delle Spice Girls. Come mai?
N: L’abbiamo ascoltata in auto, ci è subito piaciuta e siamo entrati in studio per farne una cover. È uscita una versione più rock rispetto all’originale, in linea con il nostro sound, tanto che è diventata il secondo singolo.
Cosa volete dire a chi vi ascolta?
M: I nostri brani si basano in linea di massima sulle nostre esperienze, e in particolare nel cd emergere il valore dell’amicizia: è importante avere qualcuno su cui fare affidamento.
La musica ormai sembra non poter fare più a meno del web. Quanto siete interessati al pianeta internet?
N:Tantissimo. Il web offre un mare di opportunità per chi fa musica, come ho potuto constatare io stesso. Con il gruppo passato, sono riuscito a fare un tour in America grazie al fatto che le nostre canzoni sono state apprezzate attraverso MySpace.
In futuro vi vedremo anche come attori?
N: Non chiudiamo nessuna porta. Ci piacerebbe realizzare qualcosa sulla falsariga dei Jonas Brothers, ma per ora non c’è alcun progetto. Siamo concentrati sulla musica e sul prossimo disco: ci sono già parecchi brani pronti.
LA SCHEDA
Il nome? Un’idea da bambino
I BHC sono formati da Nicolò “Nick” Arquilla e Michele “Michy” Longobardi. I due amici danno vita al loro sodalizio nel 2008, dopo aver fatto parte di altri gruppi del sottobosco musicale romano.
Il loro nome prende spunto da un vecchia idea di Nick: quando era un bambino sognava di usarlo per una band.
Si sono fatti conoscere prima su MySpace con il brano Something we call love, seguita da Trough my head, quest’ultima contenuta nel mini cd.
©Mondo Erre - Claudio Facchetti