C’è solo un luogo in cui, quando si arriva ultimi o si viene eliminati, si può pensare che è andata bene: il Festival di Sanremo. Basti pensare a Zucchero o ai Negramaro, sbertucciati dai voti delle giurie e diventati poi quello che sono diventati. L’ultimo esempio si è avuto con i
Sonohra. Eliminati dalla gara canora con la loro
Baby, si sono subito presi la rivincita: lo stesso brano e l’album
Metà sono finiti dritti filati nei piani alti delle classifiche.
Una bella soddisfazione per Luca e Diego Fainello, che va ad aggiungersi alle altre di una carriera ancora fresca, ma già ricca di episodi significativi. I due fratelli, partiti da Verona, loro città di nascita, si sono fatti le ossa suonando rock blues in vari locali della zona. Poi, nel 2008, è arrivata l’opportunità importante: la partecipazione a Sanremo nella categoria “Giovani”.
Sul palco dell’Ariston presentano L’amore e sbaragliano la concorrenza. Segue l’album Liberi da sempre, che piazza centomila copie. Si spalancano così i mercati esteri: i Sonohra si concentrano sui Paesi latino-americani e sul Giappone, e li conquistano. Convince il loro sound, un pop-rock melodico, su cui s’intrecciano le belle armonie vocali di Luca e Diego.
Armonie che ritroviamo ora nel loro nuovo album, Metà, che aumenta il livello di energia rispetto al precedente e segna un sostanzioso passo in avanti nella carriera del duo. E che sia sfuggito a Sanremo, in fondo poco importa: i Sonohra si godono il successo dei fan. Come durante l’incontro con Mondo Erre, avvenuto subito dopo aver firmato una marea di autografi a centinaia di fan durante una tappa del loro tour promozionale.
L’intervista
Quanto vi “brucia” l’eliminazione al Festival?
Diego: Speravamo ovviamente di andare avanti il più possibile, ma bisogna accettare anche il verdetto delle giurie. La vera gara, in realtà, si corre dopo Sanremo e, a vedere i risultati, non possiamo certo lamentarci.
Luca: Ci ha un po’ infastiditi il trattamento negativo che ci ha riservato certa stampa, considerando i risultati ottenuti all’estero nel 2009 e il lavoro fatto nel nuovo disco: credo meritassimo più rispetto.
L’album, difatti, segna una svolta significativa rispetto al vostro debutto. A cosa è dovuta?
Luca: Nell’ultimo anno abbiamo viaggiato tantissimo all’estero. Il confronto con nuove realtà e culture ci ha arricchito tantissimo, sia dal punto di vista personale che professionale. Tutto questo, ha poi influito nella stesura dei brani.
Diego: È un disco in cui crediamo tanto, a cui abbiamo dedicato tantissime energie. Non a caso, siamo andati a registrarlo a Londra, negli storici studi di Abbey Road, quelli dei Beatles e di tanti altri artisti importanti.
Che effetto vi ha fatto stare in quegli studi?
Diego: Si respirava un’aria particolare ed eravamo emozionati: tra quelle pareti è passata davvero la storia del rock. È stato bello lavorare con i tecnici inglesi: volevamo dare un suono internazionale alle canzoni e pensiamo di esserci riusciti.
Un suono decisamente più rock, se paragonato al primo disco.
Luca: È frutto, da una parte, di una nostra crescita come musicisti, e dall’altra del desiderio di tornare un po’ alle nostre origini, quando suonavamo e ascoltavamo blues e rock. È un album che senza dubbio ci rappresenta meglio del precedente e questa strada vogliamo seguire.
Diego: D’altra parte, sono generi che ci piacciono, anche se sappiamo che in Italia non sono tanto “digeribili”.
Cosa intendi dire?
Diego: Nel nostro Paese c’è un atteggiamento talvolta un po’ snob: ti etichettano subito e se esci fuori dal seminato, certe radio non ti prendono in considerazione, cosa che non accade all’estero. Qui sembra contare di più l’aspetto che hai, non la musica che fai.
Avete intitolato il cd Metà, come uno dei brani più significativi dell’album, che affronta l’argomento della pena di morte. Un caso?
Diego: No, anche noi lo riteniamo un pezzo importante, quello che probabilmente evidenzia di più la maturazione avuta sia in fase di composizione che di arrangiamento. E per questo lo abbiamo scelto come titolo.
Luca: Come sempre, è la musica che ci ha poi indirizzato verso il tema delicato della pena di morte. Un invito a riflettere su come, dopo anni di evoluzione, alcuni aspetti della nostra società siano rimasti indietro di secoli.
In un’altra canzone, M’illumino diverso, sottolineate quanto sia importante sognare. Ma oggi c’è ancora spazio per i sogni?
Luca: Il problema è che nella nostra società si sogna troppo poco. In passato, forse, c’erano meno distrazioni, la vita era più difficile, internet non esisteva, la tv e compagnia bella non invadevano la giornata e si trovava quindi più tempo per
sognare e creare, soprattutto nell’arte in genere. Certo, la tecnologia è una gran cosa, ma non deve spegnere le idee.
È difficile portare le vostre emozioni in una canzone?
Diego: No, ci viene facile, anche perché la musica è un mezzo straordinario per veicolare le nostre emozioni. Molti dei brani che fanno parte del disco sono state scritte mentre eravamo in viaggio, assorbendo come spugne ciò che ci capitava, quali sentimenti vivevamo. Solo così riusciamo a esprimerci al meglio ed essere credibili. Non ci sono altre strade, almeno per noi.
LA SCHEDA
Cinque milioni di contatti
Luca e Diego Fainello sono nati a Verona rispettivamente il 27 febbraio 1982 e il 27 novembre 1986. Il nome del duo richiama il deserto californiano chiamato Sonora, la cui immagine rimanda al concetto di “musica senza confini”.
Nel 2008 vincono il Festival di Sanremo nella categoria “Giovani” con il brano L’amore. Il video del pezzo raggiunge su YouTube oltre cinque milioni di visualizzazioni, diventando uno dei quattro più visti in Europa. L’album seguente, Liberi da sempre, vende oltre 100 mila copie, a cui fa seguito Live in Verona, cd e dvd registrato dal vivo.
Nel 2009 pubblicano la versione spagnola del disco, Libres, e il singolo Besos faciles (in Italia Love show) con cui raggiungono le prime posizioni nei Paesi latino americani.
Quest’anno, la nuova fatica: Metà, subito entrata nella top ten dei dischi più venduti.
©Mondo Erre - Claudio Facchetti