Alle volte basta poco per aiutarli, in altri casi sono stati investiti un sacco di quattrini. Oppure, sono serviti una buona dose di impegno, coraggio e spirito d’iniziativa per difenderli e soccorrerli. Stiamo parlando delle diverse storie che, grazie all’intraprendenza dell’uomo, hanno avuto un lieto fine per tanti animali. Come in Scozia, un anno fa, dove un allevatore ha acquistato una pecora per una cifra record: 231 mila sterline, circa 260 mila euro. Senza parole persino il persino il venditore, incredulo del successo dell’ovino.
Ha fatto poi il giro del mondo la notizia di un ricco turista sloveno che, in vacanza in

Croazia, ha comprato 30 aragoste a 1.300 euro
per liberarle in mare aperto. In un ristorante di Zara, il facoltoso cliente, dopo aver visto il gruppo di crostacei nell’acquario, ha chiesto di avere tutti gli esemplari vivi: un desiderio esaudito solo in parte, perché alcuni esemplari erano già stati prenotati in diversi menu.
Per lo sloveno, comunque, non era la prima buona azione del genere: aveva fatto la stessa cosa in un precedente soggiorno in Grecia. Secondo le cronache, a far scattare la molla dell’acquisto dei malcapitati crostacei sarebbe stata in realtà la figlia, che avrebbe offerto al ristoratore i suoi risparmi per acquistare un’aragosta da riportare tra le onde. Di fronte al rifiuto dell’uomo, sarebbe intervenuto il padre della generosa ragazzina, rilanciando l’offerta e comprando tutte le aragoste.
A misura di rondine
Ma non c’è solo chi è disposto a pagare in prima persona, e profumatamente, per una causa animale. Ad esempio, il comune di Marciana Marina, sull’isola d’Elba, quasi il più piccolo d’Italia con appena sei chilometri quadrati di superficie,ha cambiato il regolamento edilizio per facilitare la preparazione dei nidi a rondini e rondoni.
Ha previsto che i tetti delle case vengano risistemati per facilitare l’ingresso di questi volatili nelle tegole, dove possono mettere su tranquillamente famiglia. Le modifiche dovranno essere eseguite da chi deve ristrutturare gli edifici e da chi ne costruisce di nuovi: si dovranno utilizzare le vecchie tegole e lasciare aperti i coppi delle prime file.
Se un paio di anni fa Milano aveva predisposto l’installazione di nidi “artificiali” in alcuni parchi e il vicino comune di Rozzano li aveva fatti ricollocare su alcuni edifici da cui erano stati rimossi, questa di Marciana Marina è la prima idea del genere in Italia. Ed è, ovviamente, nata dalla constatazione che sempre meno rondini nidificano nel nostro Paese: probabilmente anche perché le nuove costruzioni sono prive di fori lungo le pareti e sui tetti, mentre una volta questi “canali” e cavità, presenti nelle abitazioni, permettevano un caldo rifugio per i volatili, che giungevano con l’arrivo della primavera.
Lasciarli nel loro ambiente
Alle volte, aiutare gli animali vuol dire semplicemente lasciarli tranquilli. Dall’Inghilterra, arriva l’invito delle associazioni ambientaliste a non toccare quelli selvatici che si incontrano sul proprio cammino, perché nella maggior parte dei casi si fanno solo dei danni.
Ogni anno, in questo Paese sono migliaia gli esemplari che vengono portati negli “ospedali per animali”. Si tratta di volpi, cervi, tassi, conigli e soprattutto piccoli ricci, spesso “ciccioli” appena usciti dalla tana, che devono imparare a cavarsela da soli. Non sono abbandonati, anzi, il più delle volte la mamma li sta osservando da un luogo vicino e nascosto, per controllare le loro mosse e vedere i loro progressi.
Quindi, sostengono gli studiosi, portare con tutte le buone intenzioni un animale in un rifugio vorrebbe dire renderlo incapace di sopravvivere nel suo ambiente naturale. Con la conseguenza che diventerebbe impossibile liberarlo. Il consiglio è quindi osservare da lontano e intervenire solo se l’animale è veramente in difficoltà, malato o ferito.
Raduni e missioni
La passione per gli animali porta alle volte a cimentarsi in missioni coraggiose o avventure in mezzo al verde. È quello che hanno recentemente fatto 700 volontari al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, un’area di 36 mila ettari, che si estende lungo l’Appennino tosco-romagnolo, ricca di boschi ed animali selvatici, soprattutto cervi.
Provenienti dall’Italia e dall’estero, i partecipanti si sono appostati in diverse zone del territorio, nelle tarde ore serali, per ascoltare e “registrare” le grida dei cervi, i cosiddetti “bramiti”. La vita di questa animali è prevalentemente notturna e lo scopo dell’iniziativa è di recuperare un buon numero di dati sulla loro presenza: dal numero totale degli esemplari alla concentrazione nelle varie parti del parco, dalle abitudini agli spostamenti.
Invece, per conoscere sempre meglio il mondo delle balene, una ventina di biologi provenienti da Australia, Francia e Nuova Zelanda, ha compiuto qualche mese fa una missione di sei settimane al largo dell’Antartico. Lo scopo era raccogliere tutte le informazioni possibili per cercare di salvare il maggior numero di esemplari del pianeta.
L’iniziativa, che dovrebbe proseguire ancora per due anni, prevede non solo l’osservazione continua delle balene, per capire il loro stato di salute e cosa mangiano, ma anche lo studio dell’ambiente in cui vivono, per verificare quanto sia inquinato.
Aiuti dalla tecnologia
C’è chi ha pensato anche ai predatori, non ritenendo giusto che vengano abbattuti tutte le volte che si avvicinano ai centri abitati. Un fenomeno noto soprattutto nel Nord America, dove lupi e orsi fanno spesso capolino alle porte delle abitazioni. Siccome il più delle volte vengono uccisi, alcuni esperti statunitensi hanno proposto di utilizzare dei metodi alternativi per allontanarli.
Un’idea già sperimentata: dei
grandi robot piazzati nei punti di maggior richiamo degli animali si attivano quando questi arrivano nei paraggi, emettendo urla,

rumori e forti luci per spaventarli e farli scappare. Unico problema, l’alto costo di questi “guardiani meccanizzati”. Comunque, da diverse amministrazioni locali la tecnica è stata giudicata molto promettente. Soprattutto perché risparmia gli animali.
Dalla tecnologia è nato anche uno strumento per capire meglio gli animali domestici. La notizia arriva dal Giappone, dove è stato messo a punto un marchingegno in grado di “tradurre” fusa e miagolii del gatto in… “linguaggio umano”. L’apparecchio, dotato di uno schermo su cui vengono impresse le frasi corrispondenti ai suoni prodotti dai felini, costa una settantina di euro, quasi la metà del precedente traduttore per cani. Che aveva riscosso un grande successo negli Stati Uniti, dove tra molti padroni erano iniziata la corsa all’acquisto. Nella speranza di migliorare il legame con il proprio quattro zampe.
©Mondo Erre - Gianna Boetti