Coraggio: siamo tutti intelligenti
Continui a prendere brutti voti a scuola e qualcuno comincia a dubitare delle tue facoltà mentali? Niente paura, basta applicarsi di più, perché “siamo tutti intelligenti”.
Nel suo ultimo saggio
(Personalità e autoefficacia: come allenare ragioni ed emozioni, Springer) lo psichiatra Ferdinando Pellegrino sostiene che il talento non è genetico, ma frutto di una
costante applicazione. In media abbiamo tutti la stessa intelligenza: il problema è che non la utilizziamo allo stesso modo.
Come fare per sfruttare al meglio le nostre doti naturali? Lo studioso risponde: «Basta applicare l’autoefficacia, un preciso atteggiamento mentale che spinge a dare il meglio di sé in ogni circostanza». E qui casca l’asino: come si applica l’autoefficacia? L’esperto suggerisce di «unire gli aspetti cognitivi a quelli emotivi» e cioè di essere razionali ma di utilizzare anche le emozioni. Sempre più difficile.
Anche lo psichiatra se ne rende conto e allora conclude: «Le energie mentali vanno coltivate con curiosità e interesse». Gira gira, è l’impegno quotidiano al quale hanno fatto appello tutte le generazioni nei secoli passati.
La forza del prof non è quella fisica
Leggo una notizia che mi lascia perplesso: il governo inglese permette agli insegnanti di “usare la forza fisica” per mantenere l’ordine nelle classi. Rispunta la favola dello sberlone terapeutico, che “quando ci vuole, ci vuole”.
Capita spesso di sentire rievocare con malcelata nostalgia i bei tempi in cui non si andava tanto per il sottile e, a casa o a scuola, le punizioni fisiche erano la norma. Conclusione: «Qualche ceffone aiuta a crescere e noi ne siamo la prova» dicono gli anziani. In effetti, con il passare del tempo abbiamo dimenticato
le umiliazioni provate quando un genitore o un insegnante usavano le mani per farsi rispettare.
Ho il sospetto che le botte terapeutiche servano a” giustificare” le debolezze, i malesseri degli adulti. Nell’educazione non c’è posto per la violenza. Capisco che è sempre più difficile arginare l’aggressività degli studenti, la loro sfacciataggine, il turpiloquio, l’arroganza. Ma un insegnante offre cultura, conoscenza, intelligenza, armonia, spirito: capisce, non picchia. Dev’essere un esempio di correttezza civile, una guida, non un pitbull infuriato. O sbaglio?
Quei ragazzi morti nelle miniere d’oro
Morti in miniera, avvelenati dal piombo durante scavi illegali. Morti per un’oncia d’oro, per la speranza di una vita migliore. Delle 163 vittime,
111 erano ragazzi, utilizzati come adulti nei gironi infernali dello Stato di Zamfara, dove
la Nigeria confina con le terre aride del Sahel. Un titolo di fondo pagina, poche righe per una
tragedia che si ripete in molti Paesi africani.
Sono migliaia le “bush-mines”, miniere scavate nella savana. Una strage silenziosa: 355 “casi” lo scorso anno soltanto in Nigeria. Molti bambini che frugano nelle pozze fangose ai bordi delle caverne aspirano i vapori di piombo e muoiono fra atroci dolori. Nell’indifferenza.
La Nigeria, per quanto ricca di petrolio, di gas naturali e minerali preziosi, è una nazione disperata. La gran parte dei 140 milioni di abitanti, che ne fanno la più popolosa nazione africana, sopravvive in media con 2 dollari al giorno. È facile capire come il miraggio dell’oro attragga questa povera gente. I bambini scavano con le mani nude nella terra rossa: chi trova la pepita mangia.
Secondo le ultime stime dell’Onu in Nigeria lavorano in stato di semi schiavitù 250 mila ragazzi. E, come accade per i “diamanti insanguinati”, nel viaggio verso l’Occidente l’oro si ripulisce del sudore di chi lo ha trovato invece di andare a scuola. Ma dovrebbe brillare di vergogna.
CARLO CONTI RISPONDE
Più che il burqa
al bando l’intolleranza
Leggo che in Francia è stato proibito alle donne musulmane di indossare il burqa, quel mantello che copre completamente il viso e ha una retina davanti agli occhi per vedere. Tu che cosa ne pensi? Grazie.
Luca P., (Torino)
Caro Luca,
La convivenza di etnie diverse crea problemi di difficile soluzione: ma le intolleranze, invece che aiutare a risolverli, li aggravano. Perciò, più che il burqa, io metterei al bando l’insofferenza per il diverso, l’incapacità di accettare opinioni e costumi diversi. Sempre nel rispetto della legge, ovviamente.
©Mondo Erre - Carlo Conti