Un gruppo di scienziati inglesi ha misurato tutti i record dell’albatro: 800 chilometri al giorno e con poca fatica.
Un vero maratoneta, capace di coprire immense distanze e persino di circumnavigare il globo. È l’albatro, detto anche albatros, il grande uccello marino dal becco uncinato e dalla livrea bianca e nerastra. Appartiene al genere Diomedea, rappresentata da circa 130 specie sparse in tutti i mari. Il più noto è “l’albatro urlatore”, bianco, diffuso soprattutto nelle regioni australi, con un’apertura d’ali che può superare i 4 metri, resistentissimo al volo. Che fosse un autentico campione dei cieli era noto. Ora però si conoscono con esattezza i suoi record. La scoperta arriva dall’Inghilterra: l’albatro, che vola di solito molto basso, può compiere anche ottocento chilometri al giorno con poca fatica.
Lo studio era iniziato un paio di anni fa: un gruppo di scienziati della base britannica dell’Antartico aveva catturato ventiquattro albatros e aveva attaccato alle loro zampe dei congegni elettronici per poter seguire i loro spostamenti durante la stagione migratoria. I risultati della ricerca sono stati sorprendenti. Più della metà degli uccelli ha volato per 22 mila chilometri, fermandosi per dormire solo qualche ora di notte sulle onde dell’oceano e compiendo un completo giro del mondo in 46 giorni. Tre di loro hanno addirittura percorso l’intera superficie terrestre tre volte nell’arco di 18 mesi.
Prima i piccoli
Si sapeva che gli albatros percorrono lunghi tragitti, riposano sul pelo dell’acqua e trascorrono molti mesi in mare. Nessuno pensava, però, che tanti di loro potessero spingersi così lontano. Le loro migrazioni cominciano sempre dopo la nascita dei “cuccioli”: di solito la coppia di albatros alleva un pulcino ogni due anni. I nidi vengono costruiti dai maschi con foglie e terriccio, poi la femmina depone l’uovo che pesa circa mezzo chilo e lo cova per tre mesi.
Dopo la nascita, occorrono almeno 140 giorni prima che il piccolo sia abbastanza forte per volare e diventi quindi autosufficiente. Solo a questo punto, dopo aver svolto il compito di genitori, gli uccelli cominciano l’esplorazione di nuovi orizzonti.
Secondo i ricercatori, alcuni esemplari, per lo più femmine, si spostano per poche migliaia di chilometri in mare aperto e poi cercano un territorio dove atterrare, mentre i maschi volano più lontano. Tutti, comunque, viaggiano intorno alla Terra restando sempre all’interno dell’emisfero meridionale, nei pressi della regione antartica. Dalla Terra del Fuoco, in fondo all’America del Sud, arrivano all’Oceano Indiano. Da qui, raggiungono il Capo di Buona Speranza, sulla punta meridionale dell’Africa, quindi ritornano alla Terra del Fuoco. Instancabili.
Pericolo uomo
Conoscere le rotte migratorie di questi uccelli marini serve anche a difenderli: secondo le principali associazioni ambientaliste mondiali 19 delle 21 specie di albatros sono minacciate di estinzione. Ad ucciderli, nella maggior parte dei casi, sono le reti dei pescatori in cui restano impigliati mentre cercano di cibarsi di pesci, molluschi e calamari.
Inoltre, l’albatro soffre più di altri animali i cambiamenti del clima, l’inquinamento e le intrusioni umane. È un uccello “oceanico”, vive cioè in acqua, e torna a terra solo per fare il nido: ama la solitudine e sceglie le isole disabitate per allevare i suoi piccoli, che nutre con calamari pescati spesso lontano migliaia di chilometri. Patisce molto quando l’uomo raggiunge le zone più sperdute in cui si è insediato.
Per aiutarlo a sopravvivere, la “Lipu” (Lega italiana protezione uccelli) propone di creare aree protette nelle zone in cui il volatile si trova di più a suo agio, ovvero i luoghi ventilati e nascosti , dove le correnti d’aria favoriscono il suo decollo. Così potrebbe tornare a vivere a lungo: alcuni arrivano fino a cinquant’anni.
GIANNA BOETTI