Il sonno aiuta il cane e il gatto a “ripassare” informazioni apprese da svegli, mentre all’ornitorinco serve per sognare in continuazione. Ma ogni animale utilizza il riposo con scopi ben precisi. E curiosi.
Dritti sulle zampe o aggrappati a testa in giù. Appollaiati su un ramo o comodamente distesi su un letto di foglie. Anche nelle posizioni più diverse e curiose, gli animali non possono fare a meno della… “ronfata” quotidiana. Proprio come l’uomo. Tutti dormono: persino sulle onde o nelle oscure profondità degli abissi marini.
Indispensabile per qualunque essere vivente, il sonno ha la fondamentale funzione di “ricaricare” le batterie. Ma non solo. Gli scienziati sono recentemente arrivati alla conclusione che cani, gatti, scimmie, alcuni altri mammiferi e uccelli durante il riposo “ripassano” informazioni apprese da svegli. Il fenomeno accade nel cosiddetto “sonno rem”, scoperto mezzo secolo fa, il sonno più profondo, quello in cui si sogna. In questa fase, sotto le palpebre abbassate, gli occhi si muovono rapidi, mentre il corpo è del tutto rilassato.
La fase rem
In molti casi, gli studiosi hanno notato che gli animali rivivono nel sonno rem gli stessi comportamenti compiuti durante la veglia. I diamanti mandarini, piccoli uccellini colorati, memorizzano i motivi “eseguiti” il giorno prima. Capita a diversi pennuti: durante la notte ripetono i canti imparati dai genitori tempo prima. E se il cane sogna di rincorrere il gatto e il leone la sua preda, i ricercatori hanno capito che i topolini da laboratorio rifanno ad occhi chiusi il tragitto del labirinto compiuto da svegli.
I tempi dedicati ai sogni non sono però uguali per tutti: nell’uomo la fase del sonno rem dura quasi un paio di ore sulle otto che dorme normalmente. Il cane, che sonnecchia una decina di ore, sogna per due abbondanti, mentre il gatto, più pigro, sta accucciato fino a dodici, dedicandone tre al sonno rem. In generale, i cuccioli dormono più degli adulti: gattini e cagnolini di pochi giorni, trascorrono nel sonno profondo il novanta per cento del loro tempo.
Ma appartiene all’ornitorinco il record del “sognatore” tra i mammiferi: quattordici ore di ronfate, di cui otto passate a sognare. Lo segue l’opossum che dorme maggiormente (diciotto ore) ma sogna meno: solo cinque ore. In fondo alla classifica, le balene, con solo dieci minuti di sonno rem su dieci ore di dormite.
Il record è del pipistrello
Se gli animali che sognano non sono tantissimi, certamente tutti dormono. L’esemplare con il sonno più lungo è il pipistrello: trascorre ad occhi chiusi almeno venti ore al giorno, oltre l’80% della sua vita. Lo seguono l’armadillo, il bradipo e il pitone: poltriscono per diciotto ore. La tigre ha bisogno di dormire parecchio: quasi sedici ore, mentre allo scimpanzé ne bastano una decina.
Tra gli animali da cortile, in testa c’è il maiale, che sonnecchia per quasi otto ore, seguito da asini e pony, che non possono fare a meno di cinque ore di sonno, e la mucca, che deve riposare almeno quattro. Cavalli, pecore e capre si accontentano di circa tre ore. Ma è la giraffa l’animale più sveglio: chiude occhio per meno di due ore.
Al delfino, invece, è vietato addormentarsi completamente. Per controllare la respirazione, dorme solo con metà del cervello, mentre l’altra parte rimane sveglia per assicurare il giusto ritmo respiratorio.
Nottambuli e mattinieri
Il rondone pare non avere problemi di orario: dorme in qualsiasi momento, per pochi minuti, anche in volo. Al contrario, altri animali alternano in maniera precisa sonno e veglia. Le tartarughe delle Galapagos, quando sono piccole, sonnecchiano di giorno e vanno in giro di notte a cercare erba fresca, umida di rugiada, di cui sono ghiotte. Da adulte, viceversa, dormono sotto le stelle e gironzolano con il sole. Il tasso fa esattamente l’opposto: da cucciolo ama giocare alla luce del giorno e riposare dopo il tramonto, mentre da adulto diventa un nottambulo.
Il merlo si sveglia presto: alle quattro, riempie il mattino con il suo fischiettio. Pochi minuti dopo, si alza la capinera, uccellino dalle piume grigie, che vive in molti giardini di città: il suo canto è prolungato e dolcissimo. Dalla fine di maggio, alle 5.30, si scatenano anche i passeri: sono i maschi ad esibirsi in coro, mentre le femmine cercano semi e minuscoli insetti per sfamare i piccoli. Nello stesso mese, stavolta dalle 6.30, si sentono i fringuelli, presenti non solo nei boschi, ma anche nei parchi e nei giardini con alberi d’alto fusto.
Lunghi letarghi estivi
Per alcuni mammiferi, dormire è l’unica soluzione per sopravvivere ad un clima insopportabile. Così, quando l’inverno diventa rigido, scoiattoli, tartarughe, marmotte, pipistrelli, ghiri cadono in letargo. In questo periodo respirano lentamente, la loro temperatura corporea si abbassa fino quasi al congelamento e la frequenza delle pulsazioni del cuore si riduce a pochi battiti al minuto. Siccome non mangiano, riescono a vivere bruciando lentamente il grasso accumulato in precedenza. La durata del letargo varia in relazione alla temperatura esterna: quindi, se il tempo è particolarmente ostile, maggiore sarà la durata del torpore dell’animale.
Il fenomeno si presenta anche nei mesi estivi. In questo caso si chiama “estivazione” e coinvolge specie che vivono in ambienti che raggiungono picchi di caldo e siccità intollerabili. Il protottero anfibio, pesce che vive nell’acqua dolce, nella stagione arida scava una tana nel fango dove si rinchiude anche per alcuni mesi, in attesa delle prime, agognate piogge. Tritoni e salamandre si nascondono al riparo di tronchi e pietre; il citello giallo, piccolo roditore simile allo scoiattolo, si rifugia nella tana, rallentando i ritmi vitali, fino a quando le giornate non tornano più fresche ed umide.
Recentemente, è stata scoperta una nuova specie di gamberetti del deserto dell’Idaho (Stati Uniti), che rimangono in letargo addirittura per anni. Lunghi circa otto centimetri, riescono a sopravvivere ai periodi di siccità grazie a questo sonno straordinariamente prolungato. Così, quando inizia a diluviare, si risvegliano e mettono al mondo i piccoli. Per evitare l’estinzione della specie.
GIANNA BOETTI