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DA GHIACCIAI A GHIACCIOLI

Per vedere l’agonia dei ghiacciai bisogna salire in elicottero. Adesso che le cime sono innevate, lo spettacolo è imponente. Ma basta dare un’occhiata alle vecchie fotografie in bianco e nero per accorgersi che il panorama è cambiato. Ecco la Marmolada, regina delle Dolomiti, con i suoi 3.342 metri d’altezza. La roccia nuda, i crepacci sempre più dilatati e il diminuito spessore della neve rivelano il ritiro del ghiacciaio: almeno 90 metri negli ultimi vent’anni. Liberati da una gelida morsa secolare, riemergono residuati della Grande guerra. Un po’ più in là, l’Ortles-Cevedale ha restituito le salme di tre “Kaiserschuetzen”, soldati austriaci morti nel 1918.
In Valtellina, a causa dell’abbassamento del ghiacciaio, l’intera parete della Punta Thurwieser è franata, travolgendo alcuni alpeggi. Sulle Alpi è anche peggio: nel giro di un secolo i ghiacciai si sono ridotti quasi della metà.
Il Catasto italiano che li censisce assicura che su 1.114 ghiacciai, 307 sono stati dichiarati estinti. Gli altri non godono certo di buona salute. Sono quasi tutti in ritirata. Qualche esempio: meno 110 metri della fronte del Grand Croux e meno 34 per quella della Tribolazione (nel Gruppo del Gran Paradiso); meno 38 segna il Lys (Monte Rosa, quarto ghiacciaio italiano); meno 33 per i Forni, sull’Ortles (il secondo per ampiezza); e meno 70 per il vicino Cedéc; meno 58 per il Lobbie che fa parte dell’Adamello, il maggiore dei nostri ghiacciai. Anche il Calderone, sul Gran Sasso, rischia di scomparire. Alla fine dell’800 misurava 10 ettari, adesso è meno della metà. La superficie totale dei ghiacciai italiani un secolo fa era di 900 km quadrati, oggi è poco più della metà.

Mancherà l’acqua
La colpa è della temperatura terrestre che continua a salire e alla quale pian piano ci abituiamo: quella che 10 anni fa era un’estate torrida, oggi ci sembra normale. Alcuni ricercatori sostengono che le attuali variazioni climatiche rientrano nei normali limiti dei cicli geologici e meteorologici. Insomma, che non c’è nulla di cui preoccuparsi.
Altri, invece, purtroppo la maggioranza, ci mettono in guardia dal pericolo “effetto serra”. È il calore provocato da grandi quantità di anidride carbonica nell’atmosfera. Come i vetri di una serra, alcuni componenti dell’atmosfera, tra cui l’ozono, impediscono la dispersione del calore dalla Terra verso lo spazio. L’effetto serra sarebbe poi amplificato dal diboscamento, perché gli alberi assorbono l’anidride carbonica.
Quali possono essere le conseguenze del caldo globale che scioglie i ghiacciai? In sintesi: le montagne saranno più pericolose e meno ricche d’acqua. Gli scienziati spiegano che il “permafrost”, cioè il terreno ghiacciato, quando sgela rende instabili le rocce. Ne deriva un aumento di frane e di crolli improvvisi.
La riduzione dei ghiacciai farà anche mancare l’acqua e quindi metterà in crisi le risorse energetiche del Paese, dato che il 20% della produzione di energia in Italia proviene dall’idroelettrico. Nel frattempo, poiché l’ambiente si modifica in fretta, dalle nostre Alpi scompaiono anche alcuni animali: il francolino di monte, la lepre bianca, la marmotta e il gallo cedrone sono tra le specie più a rischio.
Il fenomeno è mondiale. Il Pasterze (3.463 metri), il maggiore dei ghiacciai austriaci, è più corto di 2,4 chilometri rispetto a 150 anni fa. Ogni estate, il suo spessore diminuisce di circa 3 metri. In Asia non va meglio: secondo l’Accademia cinese delle scienze i ghiacciai dell’Himalaya si riducono ogni anno dell’equivalente di tutta l’acqua del Fiume Giallo. I cinesi stanno studiando di mettere le loro cime sotto tutela, come i panda. Anche gli svizzeri hanno messo a punto un progetto stravagante: tremila metri quadrati del ghiacciaio Gurschen l’estate scorsa sono stati coperti da un telo di plastica spesso un centimetro. Alcune stazioni sciistiche intendono impacchettare le loro piste per rallentare l’effetto dell’eccessivo riscaldamento e della mancanza di neve.

Il Polo si restringe
L’estensione della calotta polare è ai minimi storici. Le ultime foto scattate dalla Nasa rivelano che lo scioglimento del ghiaccio al Polo Nord ha ridotto la superficie a 5,3 milioni di chilometri quadrati, il che significa il 20% in meno negli ultimi 20 anni. La tendenza in atto sta riducendo i terreni di caccia degli eschimesi che vivono ai margini del grande freddo e condanna all’estinzione gli orsi polari.
Secondo Julienne Stroeve, del Centro americano che studia i ghiacciai, “la velocità del riscaldamento della fascia artica è più che doppia rispetto alla media globale”. Le sue previsioni sono drammatiche: “L’Artico non avrà più ghiaccio durante la stagione estiva ben prima della fine del secolo”. Dello stesso avviso è il climatologo italiano, Vincenzo Ferrara: “Impossibile arrestare questo processo senza fermare le emissioni di gas serra, che sono in aumento. E un’altra conseguenza pericolosa è il rallentamento della corrente del Golfo, già in atto”.
La corrente del Golfo, spiega lo scienziato, è come un tapis roulant energetico che trascina il calore dal Golfo del Messico verso l’Europa nord-occidentale. Durante questo percorso, la massa di acqua calda che viaggia in superficie, evapora e diventa sempre più salata, finché arrivata in Scandinavia, incontra un’acqua più dolce e s’inabissa, cominciando il viaggio di ritorno verso i Tropici.
Se l’incontro con l’acqua proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai avviene prima, la corrente si arresta, abbassando la temperatura in Scandinavia. C’è un altro allarme, ancora più preoccupante: il calore che non trasmigra più verso l’Europa, sulle ali della corrente del Golfo, rimane bloccato nell’area dei Carabi. E, infatti, quei mari hanno già cominciato a scaldarsi: il calore aumenta l’evaporazione e quindi c’è più energia in circolazione nell’atmosfera. Un cambiamento che, secondo molti esperti, provoca l’intensificarsi di cicloni e uragani che da qualche tempo flagellano le coste degli Stati Uniti.

CENZINO MUSSA

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