Extra
Formula abbonamento
La Buona Notizia
La Buona Notizia
Spazio scuola
Scarica dai link qui sotto i pdf delle guide ai libri di Valerio Bocci.

LE PARABOLE SPIEGATE AI RAGAZZI

Scarica tutta la guida

I DONI DELLO SPIRITO SANTO SPIEGATI AI RAGAZZI

Introduzione
DONI

LE BEATITUDINI SPIEGATE AI RAGAZZI

Introduzione
BEATITUDINI

10 COMANDAMENTI SPIEGATI AI RAGAZZI
10 COMANDAMENTI

GUIDA ALLA LETTURA DELLE MEMORIE DELL'ORATORIO

Scarica tutta la guida
Guida Memorie

GUIDA ALLA LETTURA DI CHE RAGAZZI!

Scarica tutta la guida
Guida Che ragazzi
chiudi_box
01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 01 02 03 04 05 06 07 08 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10

SE I COMPITI DIVENTANO UN PROBLEMA

Luca, studente di 14 anni, ha un problema. Anzi, più di uno, ma tutti causati dallo stesso motivo. Sentiamolo: “Arrivo a casa da scuola e vorrei rilassarmi un po’ con il computer o la tv. Qualche volta ho sonno, perché mi alzo presto al mattino e le lezioni sono impegnative. Ma non ho tempo per un pisolino: ci sono i compiti da fare. Una montagna di compiti.
Mi dicono che lo sport è indispensabile per un ragazzo della mia età, così ho cominciato a giocare a tennis. È divertente, vorrei continuare. Però ogni volta se ne va mezzo pomeriggio e mi tocca stare sui libri dopo cena. Mia madre lavora, il nonno ogni tanto viene a darmi una mano, ma abita lontano. A mio padre prendo il week-end: anche il sabato e la domenica a calcolare logaritmi o a imparare a memoria date storiche. I compiti sono davvero troppi”.
Luca avanza una proposta: “Facciamo un patto con gli insegnanti: caricateci di compiti a giorni alterni, in modo da avere degli spazi liberi. Lancio un appello ai professori: allentate la morsa e tutti saranno più contenti, figli e genitori”.
Il problema di Luca è quello di molte migliaia di ragazzi e ragazze come lui. Pare che quello degli studenti sia il contratto di lavoro più vessatorio d’Italia: passano in classe fino a 40 ore la settimana e poi almeno un’altra ora al giorno a fare i compiti. E cioè “lavorano” di più che un metalmeccanico. È un argomento che da tanti anni spacca in due i giudizi di educatori e pedagogisti: da una parte chi sostiene che “i compiti servono per imparare l’autodisciplina”, dall’altra che ritiene che “un carico eccessivo sia dannoso”.
Adesso la controversia sembra giunta a un punto critico. “Basta compiti a casa: famiglie sull’orlo di una crisi di nervi”. Il titolo di copertina di un settimanale a grande tiratura sembra eccessivo. Ma chi ha la fortuna di avere in casa un ragazzo sa che il carico dei compiti è davvero pesante. Pesante come quegli zaini gonfi di libri che rischiano di provocare la scoliosi di massa.
Un dato è certo: nella «Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico» (Ocse) siamo il Paese dove si passa più tempo in classe (circa mille ore l’anno) e si portano più compiti a casa, per una media di altre 400 ore di studio, 10,5 la settimana. I risultati pedagogici non sono proporzionati all’impegno.
Qualcosa non funziona, se bisogna rinunciare alle lezioni di tennis o di danza per finire i compiti. Il sistema è da rivedere se un genitore passa il fine settimana a fare gli esercizi di matematica del figlio. L’aspetto più grave è che, già dalle medie, i compiti a casa rafforzano alcune differenze sociali: sono così difficili che richiedono la presenza dei genitori o di nonni. E non sempre le famiglie hanno il tempo e le competenze necessarie per affiancare i ragazzi nello studio.
I compiti, talvolta, sono usati dai docenti per supplire al lavoro non fatto in classe. Commenta la professoressa Daniela Lucangeli, che fa parte dell’Osservatorio nazionale sull’infanzia e della Società scientifica per i disturbi dell’apprendimento: “Affidare ai compiti a casa ciò che si deve insegnare a scuola è l’errore maggiore. In ogni caso, il lavoro assegnato deve essere sempre proporzionato al tempo già passato in aula”.
Aggiunge: “Ai docenti dico che non importano la qualità e la quantità dei contenuti per fare un bravo insegnante, ma la qualità dei metodi di trasmissione del sapere. Ai genitori suggerisco di essere sempre alleati dei ragazzi contro la fatica di imparare e contro l’errore. Bisogna far sentire che si è dalla loro parte, ma in linea con la scuola. Lasciarli soli in una stanza a studiare non va bene. Altrettanto sbagliato è fare loro i compiti: i genitori devono stare vicini ai figli, senza sostituirsi, partecipando e riconoscendone l’impegno. Incoraggiare a farcela ottiene sempre il meglio da ciascuno”. E se i compiti sono troppo difficili? La professoressa Lucangeli consiglia di avvertire l’insegnante: “La prego di spiegare di nuovo l’esercizio, perché mio figlio da solo non è in grado di svolgerlo”.

Programmi infiniti
Paola Bignardi, che dirige la rivista Scuola italiana moderna, è ancora più esplicita: “Una scuola amica dei ragazzi è una scuola senza compiti a casa, perché ogni ragazzo ha bisogno anche di giocare, di frequentare luoghi diversi: l’oratorio, un gruppo, la piazzetta del quartiere, il cortile di casa”. È un’opinione diffusa, ripetuta ormai da tanto tempo. Sarebbe passata inosservata se questa volta non fosse intervenuto anche il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni. Queste le sue parole: “Credo che i compiti dovrebbero essere svolti prevalentemente in classe. Voglio mettere assieme un gruppo di esperti per organizzare una scuola che restituisca tempo e creatività ai ragazzi, consentendo loro di realizzare se stessi nelle ore successive alla fatica in aula”.
Ragazzi, non fatevi troppe illusioni. Intanto, per “organizzare la scuola” ci vogliono le risorse (quattrini) che, come dimostra l’ultima legge sulla finanziaria, scarseggiano. E poi il ministero non può “ordinare” di ridurre i compiti: il principio dell’autonomia scolastica fa sì che ogni istituto è libero di decidere come regolarsi.
C’è un terzo ostacolo: i programmi troppo lunghi. Il pedagogista Franco Frabboni, preside della facoltà di Scienze della formazione all’Università di Bologna, dice: “Molti insegnanti pensano solo ad arrivare alla fine del libro di testo. Proprio per questo motivo appioppano carichi insostenibili di lavori a casa”.
Quello della lunghezza dei programmi scolastici è un altro record italiano. Più di una volta il professor Frabboni ha fatto parte delle commissioni chiamate a rivederli. Racconta: “Si comincia sempre con l’intenzione di sfoltirli, ma poi per ogni materia entrano in gioco altri interessi. Avere un programma più snello per alcuni significa avere meno prestigio, meno ore di insegnamento e quindi meno cattedre, meno posti di lavoro. Alla fine nessuno sposta una virgola”.
Le resistenze al cambiamento qualche volta sono sorprendenti. Esempio: sei anni fa Salvatore Li Puma, preside della scuola elementare De Amicis di Palermo, chiese ai suoi maestri di non dare più compiti a casa. Quasi tutti i genitori si ribellarono, perché il pomeriggio i loro figli restavano inchiodati al televisore e si rimpinzavano di patatine. Non resta quindi che confidare nel buon senso degli insegnanti per un sistematico coordinamento tra di loro, così da evitare almeno contemporanee richieste di fatica.
Cenzino Mussa
Nilus
Nilus
©AGOSTINO LONGO
Nilus


Gli amici di MondoerreGli Amici di Mondoerre

  

Gli amici di Mondoerre

01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 www.scuola.elledici.org www.igiochidielio.it BimboBell www.oratoriosing.it/ www.associazionemeter.it www.tremendaonline.com www.dimensioni.org www.esemalta.com www.noivicenza.it www.davide.it 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10