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Fiori in partenza

Viaggiano per centinaia di chilometri sulle ali del vento, a "bordo" di uccelli, tronchi d’albero e iceberg, o impigliati nei batuffoli di cotone che ogni primavera rotolano nell’aria. Dalla Russia e dalla Scandinavia, dove per migliaia di anni hanno assistito immobili al passare delle stagioni, fino alle Isole Svalbard, un tempo regno del ghiaccio ed oggi nuovo paradiso terrestre di fiori e piante.

È lì, a due passi dal Polo Nord, che i semi si rifugiano dal caldo insopportabile provocato dai cambiamenti climatici di questo secolo. Una vera e propria fuga per la vita, che sta salvando numerose specie vegetali dall’inverno più arido che sia mai stato registrato nel Mar Baltico da tre secoli a questa parte.

Un viaggio avventuroso

"Tutti gli ecosistemi naturali si stanno spostando verso Nord di almeno 5-10 gradi di latitudine", è l’allarme lanciato da Giampiero Maracchi, responsabile dell’Istituto di biometeorologia del Cnr di Firenze. "È un fenomeno – prosegue – che permette agli esseri viventi di ritrovare le temperature tipiche delle loro terre d’origine". ventoQuelle che l’effetto serra ha fatto salire di colpo, costringendo i fiori e le piante del Nord Europa, e persino della Groenlandia, a far le valigie e a cambiar casa.

Libere dal ghiaccio durante un’estate che non supera mai i 4-5 gradi, le isole Svalbard sono diventate così un giardino naturale in cui il verde delle foglie ha preso il posto della neve bianca. Questa trasformazione è iniziata 10 mila anni fa, quando dalla candida coltre del gelo sono spuntati i primi fiori, ma è soprattutto negli ultimi decenni che ha avuto un’improvvisa accelerazione. Ad accorgersene per primi sono stati i ricercatori dell’università di Oslo e del Laboratorio di ecologia alpina del Cnr francese di Grenoble, che si sono messi sulle tracce dei semi e ne hanno disegnato le rotte.

L’originale studio ha riguardato il dna di 4 mila esemplari appartenenti a nove specie vegetali che crescono sulle Svalbard. Confrontandolo con quello delle piante che crescono in Russia e in Norvegia, un po’ come si fa quando si vuole accertare la paternità di un individuo, gli scienziati sono riusciti a tracciare caso per caso il percorso migratorio delle piante.
 
E a scoprire le incredibili peripezie alla "Tomb Raider" che un seme deve compiere per sopravvivere. Come saltare su uno dei grandi tronchi che i fiumi della Siberia trasportano dalla Russia al mare Artico, aggrappati alla corteccia per resistere alla furia delle acque.
È in questo modo che, secondo gli scienziati, sono arrivati fino alle Svalbard i semi del salice erbaceo, una specie che in Italia si sta avvicinando al rischio estinzione. Ancora più temerari sono quelli dell’arabide alpina e del camedrio, due piante minute dai fiori bianchi, che hanno invece attraversato l’oceano a bordo di un iceberg vagante o "a bordo" di un uccello.
 
E ci sono persino i semi che hanno sfidato la forza di gravità lasciandosi sballottare dalle tempeste di vento per centinaia di chilometri, incuranti del pericolo di atterrare nel posto sbagliato o, ancora peggio, di annegare nel mare gelido di quelle parti.
 

Mutamenti troppo veloci

I risultati di questo studio, pubblicati sulla rivista Science, sono dunque sorprendenti. E si sposano con le osservazioni fatte in Alaska dove le foreste, da 10 mila anni a questa parte, si stanno estendendo sempre più verso Nord, avvicinandosi al Polo in cerca del giusto freddo. "Queste specie – commenta Inger Greve Alsos, uno dei ricercatori dell’università di Oslo – hanno dimostrato una capacità di adattamento ai cambiamenti climatici di gran lunga superiore alle nostre aspettative".

Una qualità non da poco, se si vuole sopravvivere all’aumento delle temperature e agli altri mutamenti della natura. "La composizione degli ecosistemi del futuro – conferma il professor Alsos – dipenderà dalla distanza che le singolo specie riusciranno a percorrere per trovare il loro ambiente ideale".

Non solo nel Nord Europa, ma anche nel resto del Mondo, Italia compresa.fiori "Non è un caso – afferma Giampiero Maracchi – che da noi le fioriture degli alberi avvengano in media con quindici giorni d’anticipo rispetto alla norma. Lo scorso inverno – continua – gli alberi di mimosa erano già carichi di giallo nel mese di gennaio, altro che festa della donna! E il grano nel Sud Italia è già stato mietuto, con un mese di anticipo rispetto al passato".

Gli esempi non finiscono qui: "L’anno scorso – dice Maracchi – le bouganville sono rimaste fiorite fino a novembre, mentre in genere a ottobre iniziavano il riposo invernale. E il pino mugo che si trova sulle Alpi ora cerca quote più alte per crescere con il giusto grado di frescura".

Tutto bene, dunque? Non proprio, secondo Maracchi: "I mutamenti climatici – osserva – sono avvenuti anche in passato, ma mai a questa velocità. Il problema – conclude – sta nel capire quale sia il limite della flessibilità della natura".
 
 ©Mondo Erre - Franco Parachini
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©AGOSTINO LONGO
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