«Ho un vizio, io voglio vincere sempre!». Fernando Alonso spiega così la scelta di correre in Ferrari. «Salire sulla Rossa è un’emozione ma soprattutto è
un sogno che diventa realtà. Mio padre mi ha sempre detto che un pilota può vincere gare o conquistare titoli ma se non guida una Ferrari non è realizzato. Adesso ci siamo: la macchina è fantastica e io ho quel benedetto vizio. Un binomio perfetto».
Sono due i titoli mondiali che Fernando Alonso ha conquistato in carriera, entrambi alla guida di una Renault (2005 e 2006). È a digiuno da tre anni (uno con la McLaren, gli altri due sempre con la monoposto francese) e l’impasse, per uno che vuole vincere sempre, non deve essere stato facile da superare. «Eppure – dice lui - sono molto più forte e più determinato oggi di quando conquistavo il Mondiale a mani alzate. A fare la differenza è proprio il fatto di essere sempre alla ricerca della perfezione. Io non mi accontento mai, quando raggiungo un obiettivo mi fisso subito un nuovo traguardo ancora più in là».
Una determinazione che parte da lontano. «Ero così anche da bambino. A scuola volevo sempre essere il primo in tutto, non solo negli studi. Quando mamma mi veniva a prendere facevamo le gare a piedi, semaforo dopo semaforo. Lei era costretta a lasciarmi vincere. Quando non lo faceva puntavo i piedi e inventavo un capriccio dopo l’altro. Ero un bambino impossibile!».
Un conto è voler vincere, altro è riuscire a farlo davvero. Come ci si riesce? «È soprattutto una questione di testa. I dieci piloti migliori del mondo sono talmente bravi che a fare la differenza sono i dettagli. Vince chi riesce a dare il massimo per tutte le gare del Mondiale senza concedersi un attimo di sosta».
Uno stress micidiale, viene da pensare. Con troppi pericoli sempre in agguato: basta una piccola incertezza e si rischia la vita. «Al via di ogni gara c’è un momento in cui la tensione sembra fuori controllo e l’adrenalina sale a mille. Ma dopo i primi lo stress si annulla e tutto diventa gestibile. La paura di un incidente? Non esiste. E comunque quando ci pensi è la volta che vai a sbattere davvero. Io ho la fortuna di essere fatalista, di credere che ci sia un destino prestabilito per ciascuno di noi».
Il destino di Fernando Alonso ha cominciato a delinearsi quando il pilota spagnolo era
soltanto un ragazzo. «Correvo sui go-kart – racconta - e a 14 anni ho vinto il Mondiale. È stato allora che ho scelto di fare il professionista. E da
professionista ho sempre vissuto cercando di evitare prima di tutto gli errori, la superficialità».
Facile a dirsi, ma all’atto pratico? «Annoto su un quadernetto, dopo ogni corsa, le sensazioni che provo, poi trasferisco tutto sul computer. Ho un diario dettagliatissimo, ci sono raccontate le emozioni, i cambiamenti della macchina, le scelte effettuate con i meccanici prima della gara. Cerco di togliermi qualsiasi dubbio, al punto da rileggermi le note più e più volte. I dubbi generano tensione e l’ansia è sempre la prima causa degli errori».
Quando pensiamo agli allenamenti di un pilota di Formula Uno lo immaginiamo sempre in pista a provare la monoposto oppure in officina a fare test con i meccanici. Ma non è sempre così. «Guai a dimenticare – commenta Fernando - che chi corre in macchina è soprattutto un atleta. Io vado in palestra due-tre giorni alla settimana, lavoro con i pesi leggeri e faccio esercizi sulla pedana vibrante. Non mi piace moltissimo fare jogging ma so adattarmi senza problemi, anche se non vado mai a correre da solo: in compagnia si ha l’impressione di fare meno fatica».
«L’essere arrivato in Ferrari – continua Fernando - mi ha insegnato a essere più meticoloso, più attento ai piccoli dettagli e soprattutto a fare più sacrifici. Ho imparato moltissimo dai meccanici, che quando montano uno specchietto retrovisore usano la stessa attenzione di quando intervengono sul motore. Seguo in maniera scrupolosa le tabelle che mi sottopone Fabrizio Borra, il mio preparatore atletico.
Ciclista mancato
Altri sport? «Amo giocare a calcio, non mi perdo una partita con la Nazionale piloti. Tifo per il Real Madrid ma seguo il Milan con attenzione, sin dai tempi in cui vinceva tutto in Europa. Tra i calciatori del campionato italiano le mie attenzioni vanno a chi ha vestito la maglia dei Merengues madridisti: Cannavaro, Huntelaar, Cambiasso ma soprattutto Sneijder. Poi Buffon e De Rossi, i migliori del mondo nel loro ruolo. Ma la cosa che più mi piace è andare in bicicletta. Quando sto un solo giorno senza pedalare vado in crisi di astinenza! Dico di più: se non avessi fatto il pilota avrei cercato di diventare un ciclista. Il mio idolo era Miguel Indurain, un supereroe, un tipo che anche nella vita privata mi somiglia moltissimo».
Che tipo è Fernando Alonso quando non indossa il casco? «Un tipo
assolutamente normale. Sicuramente riservato, persino timido. Non amo i gossip e disprezzo chi cerca di ficcare il naso nella vita degli altri. Devo molto all’educazione che ho avuto dai miei genitori».
A sentirlo parlare, Fernando non sembra neppure uno spagnolo. Con la nostra lingua se la cava benissimo, ha una pronuncia quasi perfetta. «Eppure – osserva divertito - non l’ho certamente studiata sui libri. Anzi: non so neppure cosa sia la grammatica. Infatti quando sono costretto a scrivere qualcosa vado subito in tilt. Ho imparato a parlare stando in mezzo alla gente, evidentemente ho un buon “orecchio”. E una buona memoria».
Sposato con Raquel, una nota cantante spagnola, Fernando Alonso ama la musica, naturalmente, ma lo si vede raramente ai concerti. «Mia moglie – dice - farà una cinquantina di concerti all’anno, io al massimo ne ascolto un paio. Lei peraltro è poco presente sui circuiti, ma è meglio così: quando ci vediamo parliamo moltissimo delle nostre esperienze, ci confrontiamo. Anche a lei piace l’Italia e il modo di vivere degli italiani, che non è molto diverso da quello di noi spagnoli».
LA SCHEDA
I numeri
Fernando Alonso Dìaz nasce a Oviedo, in Spagna, il 29 luglio 1981. È alto 171 cm e pesa 68 kg. Oltre alla sua lingua madre, parla italiano, inglese e francese.
Esordisce in Formula Uno nel 2001. Vince 2 Campionati Mondiali nel 2005 e nel 2006 con la scuderia Renault.
Ha disputato 144 Gran Premi, vincendone 22. È salito sul podio 54 volte e ottenuto 18 pole position.
©Mondo Erre - Adalberto Scemma