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La tennista un po’ speciale

Vincere al Roland Garros, il più importante torneo al mondo su terra battuta, è il sogno di qualsiasi tennista. Basta scorrere i nomi del libro d’oro per comprendere il significato di un successo che non può mai essere frutto del caso. Eppure, quando ha alzato al cielo il grande trofeo che la proiettava al sesto posto del ranking mondiale Francesca Schiavone ha avuto un attimo di smarrimento.
 
«Mi sono sentita improvvisamente svuotata, non mi sono resa subito conto di ciò che avevo combinato. Poi ho riflettuto: per realizzare il mio sogno di bambina mi sono messa alle spalle dodici anni di sacrifici e 732 partite. Mi sono sempre allenata duramente, ho lottato per tutta la mia carriera punto a punto. E allora mi sono detta che forse ero un po’ più speciale di quanto fino a quel momento avevo dato a vedere».
 
Era stata Flavia Pennetta, al termine delle passata stagione, a entrare trionfalmente – prima atleta italiana - nell’élite mondiale. Un traguardo storico, si era detto. L’ingresso di Francesca Schiavone tra le Top Ten è stato tuttavia SCHIAVONEpersino più esaltante, anche perché ha rappresentato la conferma di quanto il tennis femminile italiano ha saputo conseguire nelle ultime stagioni in termini di progressi tecnici.
 
Basti ricordare il doppio successo nella Fed Cup e la presenza di altre tenniste emergenti (Errani, Vinci, Garbin e Brianti) tra le stelle internazionali. Il tutto mentre il migliore dei tennisti azzurri, Potito Starace, non va oltre il sessantesimo posto del ranking mondiale. Quello di Francesca Schiavone è tuttavia un caso speciale. È lei stesso a spiegarlo chiarendo ciò che la distingue rispetto agli altri tennisti di casa nostra.
 
«Molti di noi – spiega - si sono trasferiti in Spagna per allenarsi. Barcellona è diventata un punto di riferimento quasi obbligato. Per alcuni può essere una moda, per altri una necessità. Io ho fatto invece da sempre una scelta made in Italy. Sono cresciuta al Tennis Club di Milano con la maestra Barbara Rossi e ho continuato sotto la guida di Daniel Panajotti, che è argentino di nascita ma che si è formato professionalmente in Italia.
 
Per un brevissimo periodo, alla fine della scorsa stagione, ho provato anch’io l’esperienza spagnola e mi sono allenata con Flavia Pennetta sotto la guida di Gabriel Urpi. Non è stato un momento felice e sono tornata immediatamente sui miei passi. In Italia non mancano buono maestri ma troppo spesso, quando si ha a che fare con un giovane promettente, la fretta di farlo crescere si rivela una cattiva consigliera».
 
Non è stata certo la fretta a tradire Francesca Schiavone, arrivata al top della carriera alla vigilia dei trent’anni. Una escalation, la sua, lenta ma inarrestabile se è vero che nel 2000 figurava all’ottantesimo posto delle classifiche internazionali e che stagione dopo stagione ha guadagnato costantemente posizioni sino a mantenersi stabile, dal 2005 in poi, attorno al quindicesimo posto. Quest’anno il salto di qualità in prossimità del via al Roland Garros di Parigi, allorché ha intravisto la possibilità di insidiare il decimo posto assoluto di Flavia Pennetta.
 
«Quando ho messo a fuoco che ero salita al sesto posto alle spalle delle sorelle Williams, della Wozniacki, della Jankovic e della Dementieva ho capito che qualcosa era cambiato definitivamente nella mia carriera. Ho sempre lavorato sodo, non mi sono mai abbattuta dopo una sconfitta e neppure esaltata dopo una vittoria».
 

In pace con se stessa

Che persona è, dunque, Francesca Schiavone ? «Una persona – rivela - che ha la fortuna di essere in pace con se stessa. Potendo scegliere, non cambierei una virgola di ciò che sono. Sto bene da sola ma anche in compagnia. Da ragazza ero un po’ chiusa, riservata. Con l’età ho imparato ad aprirmi senza perdere quella dote fondamentale che si chiama equilibrio. Devo molto alla mia educazione familiare, ho due genitori fantastici. Da mio padre ho preso il fisico e le fibre muscolari, e anche una certa sensibilità; da mia madre ho ereditato invece la forza, l’istinto, l’estroversione».
 
Il successo di Francesca al Roland Garros rappresenta una gratificazione anche per l’intero staff delle persone che la assistono in carriera. «Devo moltissimo al coach azzurro Corrado Barazzutti: lui è riuscito a disciplinarmi, a dare ordine al mio modo un po’ troppo disordinato di interpretare il tennis. Poi Renzo Furlan, con il quale mi alleno ormai in pianta stabile da quando ho lasciato Barcellona, Giovanni Parmigiani, lo psicologo che mi ha aiutato ad aprirmi, e non è stato facile. Infine Stefano Borsacchi, il mio preparatore atletico, e Massimo Tosello, l’osteopata.
 
tennisQual è il colpo tennistico preferito da Francesca ? «Tecnicamente - spiega - ho un rovescio che è naturalezza, istinto, fluidità. Il dritto invece è potenza, quando attacco faccio male. Il servizio lo sto scoprendo, in questi ultimi mesi mi sono accorta di essere molto migliorata in velocità. Il colpo migliore tuttavia è la volée, che rileva l’aspetto più estroso del mio carattere. Mi ha fatto i complimenti persino McEnroe, non credevo alle mie orecchie».
 
Chi è Francesca, invece, nella vita privata ? «Ho sete di conoscenza, mi piace andare alla scoperta di cose nuove. Amo i motori, per esempio, e da poco ho potuto realizzare un mio vecchio desiderio, quello di possedere una Ducati Monster. In sella mi sento libera, è una sensazione meravigliosa. Troppo rischioso? Per temperamento cerco sempre di dare un senso a ciò che faccio, quindi sono molto prudente, cerco di sbagliare il meno possibile».
 
I momenti liberi? «Non ho strane idee per la testa, amo le cose semplici. Mi rilasso con un buon libro, l’ultimo che ho letto è Uomini che odiano le donne, ma le mie preferenza vanno ad autori come John Grisham e Paolo Coelho. Ascolto anche molta musica. Preferisco i cantanti italiani, Elisa, Mina, Eros Ramazzotti. Tra gli stranieri Shakira e, naturalmente, gli U2».
 
Le città preferite? «Nessuna come Roma. Dall’altra parte del mondo scelgo invece Melbourne, che ha ritmi di vita congeniali al mio modo di essere. Per una vacanza da sogno mi piacerebbe invece andare in Sudafrica, un Paese che vorrei avere il tempo di visitare senza fretta. Ho seguito in tivù il Mondiale di calcio e la curiosità è cresciuta. L’Italia che è uscita subito? Troppi errori, soprattutto nelle scelte. Spero che Prandelli, bresciano come mia madre, cambi rotta e dia spazio ai giovani come Balotelli e Santon. Sì, sono tifosa dell’Inter: si nota?».
 

CARTA D'IDENTITA'

Francesca Schiavone è nata a Milano il 23 giugno 1980. È alta 166 cm e pesa 62 kg. È professionista dal 1998.
 
Tra i suoi successi, le vittorie nel singolo a Bad Gastein (2007) e a Mosca (2009), oltre naturalmente al trionfo al Roland Garos quest’anno. Nel doppio ha collezionato 7 vittorie.
 
È la prima donna italiana ad aver vinto il prestigioso torneo francese. Prima di lei, al Roland Garos solo altri due tennisti nostrani avevano primeggiato: Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta.
 
©Mondo Erre - Adalberto Scemma
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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