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GIANLUCA GRIGNANI – UN ALBUM LUNGO DIECI ANNI

Torna il cantautore che si incorona Il re del niente, come titola il suo nuovo lavoro. E riassume con grande efficacia le esperienze maturate durante l’arco della sua intensa carriera.

D. I piedi ben piantati nel presente, lo sguardo rivolto al passato. È la sintesi corretta dei contenuti rintracciabili nel tuo nuovo album?
R. Direi di sì. È un disco per me di importanza fondamentale, che concentra gli sbandamenti, le sperimentazioni, le conferme del mio percorso artistico. In tale ottica, è come se avessi impiegato dieci anni a scriverlo. Per questo ho lavorato intorno ai pezzi per due anni e mai come adesso sento di aver trovato la mia strada.

D. Una strada comunque che non hai incominciato ieri…
R. Certamente no, ma Il re del niente è un disco in cui credo ciecamente. E sono convinto che non si possa realizzare un album come questo senza avere alle spalle le mie esperienze. Durante la carriera sono andato sovente in controtendenza, un atteggiamento che viene visto sempre con sospetto nell’ambito dello spettacolo. Sono riuscito però a crearmi un varco, un piccolo rio in cui è passato il mio modo di concepire la musica, che a poco a poco si è trasformato in torrente e poi in un modesto fiume. Ora spero diventi come il Po.

D. Sei pentito di aver fatto scelte “coraggiose”?
R. Più che coraggio, è stata incoscienza, forse dovuta anche all’età. Ma mi piace rischiare, è nel mio dna. E poi credo ancora nella musica. I miei esempi rimangono John Lennon, i Beatles, Lucio Battisti, gente che credeva nelle potenzialità delle sette note, senza calcoli.

D. Perché hai intitolato l’album Il re del niente?
R. Il brano omonimo fotografa un disagio che sento in maniera profonda: si tende a dare sempre più importanza alle masse a discapito della persona. I principali colpevoli di questa situazione, non a caso, sono i mass media, soprattutto la televisione. Il piccolo schermo ingigantisce sovente cose che non hanno alcun senso, appiattisce verso il basso il gusto della gente, toglie lo spirito critico. Tutto ciò fa perdere importanza all’individuo e questo, secondo i parametri consumistici della società, vuol dire valere niente. Allora, io sono il re del niente.

D. È una specie di appello a ribellarsi?
R. Certo, a ribellarsi all’appiattimento generale che vedo in giro. La canzone è al tempo stesso uno sfogo personale e un’analisi di quanto accade intorno. Il mio compito come artista è raccontarlo perché sono convinto che anche un semplice brano può stimolare alla riflessione, al cambiamento.

D. In quest’ottica, anche un altro pezzo, La Terra è un’arancia, è significativo.
R. È una canzone ecologica. Il rispetto per l’ambiente mi sta particolarmente a cuore, è l’unico problema per cui mi sento di prendere in mano una bandiera. La Terra è la nostra “casa” e dobbiamo difenderla a qualsiasi costo. Senza la natura, siamo finiti, e sono pronto a impegnarmi per portare avanti qualsiasi battaglia su questo tema.

D. Per l’album, hai girato due video clip con la regia di Silvio Muccino, scelta che conferma il tuo interesse per il cinema, visto che hai girato anche un film. Cosa ti piace del mondo dell’immagine?
R. Il cinema mi affascina perché è una forma d’arte e, come la musica, quando è fatto con il cuore, mi trasmette sempre forti emozioni. La collaborazione con Muccino ha preso il via dopo che ho composto il pezzo omonimo per il suo film, Che ne sarà di noi, contenuta anche nell’album. Ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda ed è nata una bella amicizia, sfociata ora in questa collaborazione.

D. Ti sei sposato e sei diventato papà. Quali cambiamenti ha portato nella tua vita?
R. Sicuramente maggiore responsabilità. Pensavo di diventare più forte e smussare alcune insicurezze che mi porto dietro da quando ho incominciato ad annusare la vita, invece vedo che continuano a stare con me. Per il resto, essere padre mi dà tanta serenità e una spinta incredibile d andare avanti.

D. Hai fiducia nel futuro?
R. Sì, ma l’ho sempre avuta, anche prima di mettere su famiglia. Sono una persona che non distrugge, ma crea. E credo che come me, ci siano tante persone in giro.

D. Nei tuoi testi, fin dall’inizio della carriera, tornano sovente parole riferite all’universo in genere: cielo, pianeti, nuvole, spazio e così via. È solo un caso?
R. Probabilmente no, anche se sono riferimenti nati in modo istintivo. Questo interesse per l’universo forse scaturisce dal mio modo di osservare la realtà in maniera globale. Mi stimola l’idea che guardando lassù ci siano delle realtà o qualcosa che trasmetta speranza.

CLAUDIO FACCHETTI
Nilus
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©AGOSTINO LONGO
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