In migliaia hanno marciato per gli elefanti. Il 4 ottobre 2013, in 15 città di tutto il mondo, volontari, amanti degli animali e di un ambiente piú vivibile, si sono dati appuntamento per “solidarietà” verso questi animali: un’unica grande manifestazione, per affrontare il problema dell’estinzione della specie e per informare sulle conseguenze del commercio illegale di avorio. Arusha, Bangkok, Buenos Aires, Città del Capo, Edimburgo, Londra, Los Angeles, Melbourne, Monaco, Nairobi, New York, Roma, Toronto, Washington e Wellington si sono così idealmente unite, nella speranza di poter fare qualcosa.
Da tempo, e soprattutto ultimamente, si assiste ad
un vero e proprio massacro di questi esemplari, ricercatissimi per le loro zanne. Infatti, nonost
ante le leggi internazionali vietino la vendita del cosiddetto “oro bianco”, la domanda cresce, cosa che fa aumentare le uccisioni, con affari d’oro per il mercato clandestino.
Prezzi alle stelle
Le richieste di avorio arrivano soprattutto dai Paesi asiatici. Ed i prezzi salgono alle stelle: duecento dollari al chilo. Gli osservatori calcolano che, ogni 15 minuti, un elefante viene ammazzato per le sue zanne, circa 36 mila l’anno: una caccia che raggiunge livelli record in Africa. I dati parlano di almeno 18 mila uccisioni nel 2012, mentre il 2011 è stato l’anno di punta per i sequestri di avorio, almeno 17, più del doppio rispetto al 2009, che hanno portato a scovarne quasi 27 tonnellate.
Una cifra enorme: in un solo anno, più di due volte di quanto era stato sequestrato negli otto anni precedenti. In Kenya, dove il turismo dà lavoro ad una persona su quattro, sono rimasti appena 30 mila elefanti. Solo nei primi otto mesi del 2013, 190 elefanti e anche due ranger che tentavano di fare il loro lavoro di guardiani, sono stati sterminati per mano dei bracconieri. E non sono gli unici: negli ultimi dieci anni più di 1.000 ranger sono stati eliminati durante la loro missione.
Destinazione Cina
Così, se intorno alla metà del XX secolo la popolazione di elefanti africani contava diversi milioni di individui, oggi ne restano poco più di 470 mila; secondo gli studiosi, di questo passo, entro il 2025, la specie potrebbe sparire dalla faccia della Terra. Nella sola Tanzania, vengono fatti fuori circa 10 mila elefanti l’anno, il 9% del totale dei branchi nel Paese.
Tra l’altro, è recente la notizia della strage di un centinaio di capi in Zimbabwe, uccisi con cianuro versato in pozze d’acqua dai trafficanti. Che non esitano ad uccidere intere famiglie, inclusi i cuccioli, che di zanne non ne hanno. Infatti, anche i piccolini sono spesso vittime dei cacciatori, che non esitano a ucciderli solo per fare “pratica” o attirare le madri.
In Kenya, Uganda e Tanzania avviene il maggior numero di uccisioni. Da questi Paesi, poi, l’oro bianco viene spedito soprattutto in Malaysia, Filippine, Vietman e Hong Kong, che fanno da “intermediari” verso le destinazioni finali:
la Cina, dove la richiesta è altissima e dove raggiunge i
1000 dollari al chilo e
la Thailandia, in cui si trova un gran numero di negozi per turisti che vendono prodotti a base di zanne.
Per tentare di frenare il fenomeno, nel marzo 2013, il governo thailandese ha vietato il commercio di avorio: fino a quella data, questo Paese impediva la vendita dei derivati delle zanne africane, ma non di quelli che provenivano dagli elefanti locali. Anche se la regola era quasi sempre aggirata con la falsificazione della loro provenienza.
I traffici illegali non risparmiano nemmeno i mammut. Con l’aumento delle temperature nelle zone artiche e lo scioglimento del “permafrost”, lo strato di suolo perennemente gelato delle alte latitudini, affiorano i resti di questi animali rimasti congelati per migliaia di anni, che finiscono ad appassionati e collezionisti: si calcola che l’avorio di mammut copra già oggi il 30% del mercato cinese.
Uniti nella stessa sorte
È un periodo nero anche per il rinoceronte, perseguitato per il suo possente corno, soprattutto in Sudafrica, dove vive il gruppo più numeroso, circa 20 mila esemplari, il 70, 80% della popolazione mondiale. Il traffico delle loro corna, fatte di un tessuto simile alle nostre unghie, è talmente redditizio che, nonostante una stretta vigilanza e l’intervento addirittura dell’esercito, questi mammiferi sono sempre più cacciati.
Le corna dei rinoceronti sono molto richieste in Asia, in particolare in Vietnam
e Cina, dove vengono utilizzate per la
medicina tradizionale e dove si crede che abbiano il potere di curare persino le malattie più gravi: per questo, sono valutate più dell’oro. Mentre in Yemen vengono usate come impugnatura dei pugnali da cerimonia.
In Africa esistono due specie di rinoceronti: quello bianco e quello nero. E se, nel 1970, la popolazione totale di rinoceronti ammontava a 70 mila esemplari, nel 2012 il numero si aggirava intorno ai 26 mila, un po’ più di 21 mila bianchi, soprattutto in Sudafrica, e circa 4200 neri, per lo più in Kenya. Solo in Sudafrica, dove il governo ha fatto grossi sforzi per tentare di salvare i rinoceronti, ne sono stati uccisi un numero impressionante: 668 esemplari nel 2012, 220 animali in più rispetto al 2011.
Intanto, già nel novembre 2011, l’Unione Internazionale per la conservazione della natura ha dichiarato ufficialmente estinto il rinoceronte nero dell’Africa occidentale, avvistato per l’ultima volta nel 2006. Una perdita, ritengono gli studiosi, avvenuta soprattutto per colpa della caccia illegale. Rischia di fare la stessa fine il rinoceronte bianco del nord, di cui sopravvivono solo otto esemplari.
Forti richieste dall’Asia
Anche il rinoceronte di Giava è stato dichiarato ufficialmente estinto nel 2011: per questo l’Asia ha cercato di reperire nel continente africano sempre più rinoceronti. Facendo stragi e lievitare i prezzi. In Tanzania, la richiesta per un chilo di corno è
450 dollari: una cifra enorme, se si pensa che la media del reddito, a persona, secondo recenti statistiche Onu, è meno di 600 dollari l’anno. Oltre confine, in Kenya, i clienti pagano addirittura
3500 dollari al chilo per la stessa quantità di merce. In Asia, poi, i prezzi salgono ancora di più.
Ecco perché l’uccisione di questi mammiferi è diventata sempre più un’immensa fonte di guadagno e le organizzazioni che danno la caccia ai rinoceronti, come agli elefanti, sono molto più organizzate, equipaggiate ed efficienti di quelle che ne tutelano la sopravvivenza.
Dopo l’abbattimento, la polvere ricavata dalle corna viene venduta dalla cosiddetta “mafia dei rinoceronti” a prezzi esorbitanti: secondo la sua rarità, un corno può essere venduto da 25 mila a 250 mila euro. Così, se dall’Africa, negli ultimi anni, hanno ripreso impulso i traffici illegali, anche l’Europa non viene risparmiata dal fenomeno: l’allarme sta riguardando in particolare zoo e musei di storia naturale, da dove i ladri cercano di portare via le preziose corna.
Bande sono in azione da tempo in Francia, Germania, Regno Unito, Austria e Repubblica Ceca. Anche gli Stati Uniti non sono stati risparmiati dal fenomeno, che sta interessando negozi, collezioni private, trasportatori. Il museo di Berna, in Svizzera, per evitare qualsiasi tentazione di furto, ha deciso di sostituire le corna dei sei rinoceronti esposte con copie di legno molto grossolane. Per mettere al riparo un bene diventato quanto mai prezioso.
© Gianna Boetti - Mondo Erre