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Se sparisce l'orso soffre la Terra

Gli animali ci “parlano” della salute del pianeta. Inquinamento dell’aria e dell’acqua, innalzamento della temperatura, distruzione degli ambienti naturali sono, purtroppo, segnali di “sofferenza” della Terra, che finiscono per sconvolgere la vita di quasi tutte le bestie. Che ferite, ammalate, disorientate o in difficoltá, rivelano come sta l’ambiente in cui vivono e dove, ovviamente, vive anche l’uomo.
 

Veleni e reti nel Mediterraneo

Tra i più efficienti “indicatori” delle condizioni del mondo acquatico, gli uccelli marini. In particolare, nel Mediterraneo, esemplari come la berta maggiore, la berta minore e l’uccello delle tempeste danno parecchie informazioni sul futuro del mare: calando continuamente di numero, dimostrano di patire moltissimo i veleni gettati tra le onde e nell’aria. In particolare pericolo sono anche gli albatros, con 17 specie su 22 minacciate di estinzione.
 
È soprattutto la plastica ad uccidere questi uccelli. Tra i più colpiti, proprio le berte: si calcola che addirittura l’83% di questi volatili ingoi frammenti di borse della spesa, bottigliette e prodotti simili. Nella pancia di ogni volatile se ne ritroverebbero, in media, 8 pezzi. A farne le spese, soprattutto i piccoli: infatti i genitori, dopo i lunghi viaggi alla ricerca del cibo, trasportano nei cunicoli dove sono nascosti i neonati, cibo velenimischiato a frammenti di plastica, finendo così per avvelenarli.
 
E non è tutto. Gli uccelli marini subiscono in maniera pesante gli effetti della pesca intensiva: non solo perché toglie loro buona parte del cibo, ma anche perché rimangono impigliati nelle reti e annegano. Dati alla mano, dal 2001, oltre 2 milioni di esemplari sono morti per colpa delle attrezzature da pesca nelle sole acque dell’Unione europea, senza contare l’impatto causato contro le navi.
 
Nel Mediterraneo, le reti fanno ogni anno 300 mila vittime tra gli uccelli marini, di cui circa 100 mila albatros, i più esposti insieme alle berte: questi animali sono particolarmente attratti dagli scarti di pesce e dalle esche delle navi da pesca. Per le berte, poi, vi è ancora un’altra minaccia: quella dei topi, che fanno razzia di uova e pulcini. Un danno enorme, considerato che la berta depone un unico uovo per stagione.
 
Eppure, nonostante tutto, questi volatili cercano di farcela. Al momento, l’Italia sembra ospitare più della metà della popolazione totale di berta minore: le isole di Tavolara e Molara i luoghi di maggiore concentrazione. Anche se le stime su questa specie sono ancora incerte, probabilmente per l’abitudine di questo uccello di spostarsi continuamente alla ricerca di nuove zone in cui rimediare cibo, il numero totale potrebbe essere inferiore alle 10 mila coppie. Al di fuori del nostro Paese, gruppi si trovano in Spagna, nelle Baleari, con 100-150 coppie, Corsica, con circa 500 coppie, a Malta, circa 1.500 coppie, in Grecia, tra le 1.000 e le 2.000 coppie.
 

Pesticidi ed alte temperature

Se gli uccelli marini hanno una particolare sensibilità di fronte ai guai che procura l’uomfalcoo, tanti altri esemplari mandano chiari segnali sullo stato del pianeta. Pipistrelli, tartarughe marine, i grandi cetacei come la balenottera comune, i delfini, alcune specie di squali sono dei grandi “indicatori” del grado di inquinamento ambientale. E lo dimostrano, purtroppo, decimandosi.
 
Anni fa, per colpa degli insetticidi tossici, è scomparso quasi completamente in Inghilterra e negli Stati Uniti il falco pellegrino. È successo anche ai passeri, dimezzati nel giro di poco tempo. In Gran Bretagna, nel 1970, c’erano 12 milioni di coppie di questi uccellini, nel 2007 nemmeno più la metà. Peggio ancora in Irlanda, dove si è registrata la diminuzione del 95% di questa specie.
 
Anche la riduzione delle api segnala un ambiente malato: soffrono soprattutto l’innalzamento della temperatura, che le ha disorientate, facendo confondere le stagioni. Come se non bastasse, spesso si posano su fiori e piante impregnate di sostanze chimiche: così, in molte zone dell’Europa, il numero di questi insetti si è addirittura dimezzato. In Italia, negli ultimi anni, si è perso tra il 30 e 40% degli esemplari.
 
A causa delle eccessive temperature e della mancanza di acqua, in Africa, i leoni sono diminuiti del 15%, mentre sono aumentati i roditori che leonedistruggono le foreste. Allo stesso modo, la decimazione dei cuccioli di foca della Groenlandia è un segnale del riscaldamento globale: acque più calde e tempeste alimentate dall’innalzamento della temperatura stanno assottigliando lo strato di ghiaccio marino necessario ai cuccioli per sopravvivere durante le loro prime settimane di vita, quando sono particolarmente delicati.
 
Secondo gli studiosi, anche il futuro dell’orso polare è a rischio. E sempre per l’identico motivo: riscaldamento globale e conseguente scioglimento dei ghiacciai dell’Artico. Se manca il ghiaccio da calpestare, si restringe aorsonche il territorio di caccia e la sopravvivenza di questa specie diventa più complicata.
 

Ostriche contro l’inquinamento

Via via che lo smog avanza, le specie più sensibili diventano sempre più rare, mentre si moltiplicano quelle resistenti. Di fronte a questo scenario, sembra ci siano animali in grado di contrastare in qualche modo i guai del pianeta.
 
Così, se negli anni Settanta l’americano fiume Bronx è stato rovinato dalle sostanze tossiche, dai rifiuti e da auto abbandonate nelle sue acque, qualche tempo fa, per cercare di eliminare gli effetti negativi del passato, gli esperti hanno pensato di ricorrere alle ostriche.
 
Dopo il grave inquinamento, nessun essere vivente era riuscito a sopravvivere nel fiume, tranne le ostriche. Gli scienziati hanno allora deciso di formare una vera e propria barriera naturale di 100 mila esemplari. L’esperimento ha interessato un tratto del fiume: le ostriche, appositamente allevate, avranno il compito esclusivo di filtrare le sostanze inquinanti, in modo da tornare a far vivere questo particolare mondo acquatico. Secondo gli studiosi, le ostriche, che sono state introdotte nel fiume ancora neonate, cresceranno una vicina all’altra fino a creare un ambiente piuttosto ampio, che potrà attirare pesci ed altri animali marini alla ricerca di cibo o riparo.lontre
 
Anche le lontre marine possono dare una mano per l’ambiente. Proteggendolo dai pesticidi utilizzati nei campi. In questo modo: l’inquinamento provocato dall’agricoltura determina l’accumulo di sostanze come fosforo e azoto, che portano alla formazione di particolari alghe. Queste alghe ostacolano il passaggio attraverso l’acqua della luce solare che così, non potendo raggiungere la vegetazione subacquea, stenta a crescere.
 
Questo accumulo di azoto e fosforo trasforma inoltre le limpide acque in zone quasi paludose: in California, nella zona di Elkhorn Slough, questo fenomeno è però contenuto grazie alla presenza delle lontre marine, che non disprezzano di mangiare questi tipi di alghe. “Liberando” quindi l’ambiente dai veleni e dalle acque torbide.
 
Sembrerà poi impossibile, ma pure i castori possono dare un aiuto. Abbattono tronchi e costruiscono dighe, alterando il corso dei fiumi: eppure, pur modificando l’aspetto del paesaggio, contribuiscono, nel loro piccolo, a limitare i cambiamenti climatici. Quando costruiscono una diga, impediscono lo scorrere naturale dei corsi d’acqua: così, una parte di quest’acqua inizia a fuoriuscire più spesso dal letto del fiume o del torrente.
 
Intorno alle rive si creano dunque aree di terreno umido, conosciute come “marcita dei castori”, che catturano e trattengono l’anidride carbonica, colpevole del surriscaldamento della Terra. Purtroppo questi roditori, che diminuiscono ogni anno e ormai faticano a trovare l’ambiente ideale per vivere, si spostano di frequente ed abbandonano così le dighe e le marcite.
 
Quando i castori si dirigono altrove, le aree umide si asciugano e l’anidride carbonica viene di nuovo rilasciata nell’atmosfera in modo graduale. Tanto per dare un’idea, le zone abbandonate dai castori trattengono soltanto l’8% dell’anidride carbonica. Quando sono presenti, la percentuale che rimane bloccata a terra raggiunge il 23%. E non è poco.

 

© Gianna Boetti - Mondo Erre
 
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©AGOSTINO LONGO
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