È arrivato anche il turno di Duncan James, il terzo Blue in ordine di apparizione a incidere un disco da solista. In verità, nel 2004 il biondo artista aveva già fatto capolino per conto suo, prima degli altri, con il singolo “I believe my heart”, tema del musical “The woman in white” scritto dal grande Andrew Lloyd Webber. Un assaggio che non aveva avuto seguito, anche perché il gruppo era ancora in piedi. Ma adesso si fa sul serio e Duncan ha realizzato un lavoro di pura grana pop curato in ogni particolare che scalerà facilmente le charts. “Mondo Erre” lo ha incontrato a Milano, durante il suo passaggio promozionale.
L’intervista
Cosa ti ha spinto a realizzare questo album?Il desiderio di esprimere quello che sento dentro di me in maniera autonoma, senza gli inevitabili compromessi che in un lavoro di gruppo bisogna accettare. E poi la sfida nel misurarsi con se stessi, provare di essere capaci di scrivere canzoni al di fuori dei Blue e di camminare con le proprie gambe.
C’è un filo comune che lega insieme i brani?Non proprio, anche se molte canzoni parlano di amore e dei problemi che questo sentimento sovente scatena. Credo che tante persone si riconosceranno in quel che canto.
Sono pezzi autobiografici?Non raccontano necessariamente esperienze personali. Molti brani li ho scritti durante il tour dei Blue e ho cercato di immedesimarmi in alcune situazioni che racconto, con quali stati d’animo si possono vivere delle storie d’amore.
Sotto il profilo musicale, hai seguito la pista tracciata dai Blue?No, ho dato un’impostazione completamente diversa al mio album. Nei lavori dei Blue la maggior parte delle sonorità erano generate dai computer, mentre nel mio le canzoni sono suonate con strumenti veri, e questo favorisce un maggiore feeling. Mio nonno, che era un’insegnante di musica, mi ha sempre detto che il modo migliore di incidere i brani è farlo con i musicisti e, appena ne ho avuto la possibilità, ho seguito quel consiglio.
Simon e Lee stanno per esordire anche come attori. Anche tu sei interessato al cinema?Certamente. Ho già fatto alcune interessanti esperienze in teatro, recitando per beneficenza in un musical e incidendo una canzone, I believe my heart, per un altro spettacolo, per cui il cinema è una strada che non mi precludo così come quella del musical. Per adesso, comunque, sono concentrato sulla musica e su questo album.
A proposito di Simon e Lee, hai ascoltato i loro album? E quale ti è piaciuto di più dei due?Li ho trovati entrambi degli ottimi lavori, anche se preferisco quello di Simon: è più curato negli arrangiamenti. Il disco di Lee mi sembra sia stato fatto un po’ troppo in fretta, anche se continuo ad ammirare la sua voce: è fantastica.
I tuoi attuali album preferiti?Ho apprezzato molto Madonna e mi piacciono tantissimo i Keane: sono una band straordinaria.
Al di fuori della musica, quali sono i tuoi interessi?Ho seguito recentemente dei corsi di meditazione a Los Angeles e ora dedico ogni giorno a questa pratica venti minuti al mattino e alla sera. Mi aiuta, in un mondo sempre più frenetico, a ritagliarmi del tempo per me stesso e a rilassarmi. E a Londra sto seguendo anche dei corsi di buddismo: sono interessato a questa filosofia.
Sei alla ricerca di una tua spiritualità o queste pratiche ti servono solo a staccare la spina dal mondo?Mi aiutano solo a rilassarmi. Sono cattolico e sono cresciuto seguendo gli insegnamenti della dottrina, a cui credo. Ho fatto il chierichetto per tre anni e vado in chiesa tutt’oggi. Non ho alcuna intenzione di cambiare religione, ma trovo comunque interessanti altre confessioni religiose. Tutto qui.
CLAUDIO FACCHETTI