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LE ULTIME 24 ORE DI GESÙ

ANNO 30, GIOVEDÌ 7 APRILE

Ore 18
Interno di una sala al secondo piano di una casa sul monte Sion, nel cuore di Gerusalemme. I colori sono caldi: il giallo acre degli abiti, il rosso del vino, le tinte spumeggianti della tavola. Si respira un’aria di religiosità e familiarità. Gesù è a tavola con i suoi Dodici Amici, per la cena più importante dell’anno, quella pasquale. Quest’anno ricorre il 14 Nisan.
Tutto fila liscio, fin quando Gesù fa due affermazioni sorprendenti. Mentre spezza il pane dice: “Questo è il mio corpo”, e mentre passa la coppa del vino dice: “Questo è il mio sangue”.
Gli apostoli restano sbigottiti perché non comprendono il senso di quelle parole. Solo tre giorni dopo capiranno che “il mio corpo” è la persona di Gesù ed “il mio sangue” è la sua vita. Questi sono offerti all’umanità ogni volta che si celebra la Messa.

Verso mezzanotte
I colori sono quelli freddi della notte primaverile palestinese. Gesù e i suoi amici più stretti si trovano nell’uliveto del Getsemani, a circa due chilometri da Gerusalemme, in fondo alla valle del Cedron. Si sono ritirati in questo posto isolato per un po’ di raccoglimento, ma la giornata pesa sulle spalle di quei pescatori stanchi e distratti.
Gesù è deluso. Si allontana da solo a pregare Dio con il tenero nome di Abbà (papà). Mai nessuno prima di lui aveva osato rivolgersi così a lui. Mentre una pallida luna rischiara la notte, la sua preghiera diventa angoscia: è come se vedesse in anteprima il finale drammatico della sua vita.
Giuda, uno dei suoi discepoli, lo ha tradito, rivelando ai sacerdoti del Tempio il luogo ed il momento opportuni per catturarlo.

VENERDÌ 8 APRILE

Ore 1,00
Nel buio denso del Getsemani un tumulto di passi affrettati rompe il silenzio. Gli apostoli si svegliano di soprassalto e sono circondati da un drappello di guardie del Tempio, accompagnate da alcuni soldati romani. Le prime armate di bastone, come la legge permetteva loro, le seconde munite di spada, chiaro segno del potere dominante.
Giuda è in prima fila. Dà il bacio al Maestro, vile segnale stabilito con le guardie per riconoscere Gesù. L’aria si fa drammatica. Le guardie mettono le mani addosso a Gesù mentre Pietro tenta di difenderlo con uno stiletto. Il fendente colpisce l’orecchio destro di Malco, mozzandolo di netto. Gesù interviene subito. Rimprovera Pietro e risana l’orecchio tagliato.
Il Maestro chiede di essere arrestato da solo mentre i suoi amici scompaiono impauriti tra la vegetazione del Getsemani.

Ore 2,00
Le torce illuminano appena i volti nella sala del Sinedrio, posta sul lato sud del Tempio, sopra l’ingresso principale. L’atmosfera tetra e sinistra avvolge uno striminzito gruppo di sinedriti, una dozzina dei settantuno che compongono il governo religioso di Israele.
Tra loro ci sono anche i Sommi sacerdoti Anna e Caifa. Sotto la loro regia inizia il processo-farsa. Il Sinedrio non può operare di notte e per essere valido richiede la presenza almeno della maggioranza dei suoi componenti. Quell’istruttoria, tuttavia, è fondamentale per presentare Gesù a Ponzio Pilato, il quale, in quanto governatore romano, è il solo a poter esercitare lo jus gladii, ovvero il potere di condannare a morte.
Gesù è ormai un dead man walking, un “uomo morto che cammina”. La sua condanna è già decisa, i capi d’accusa, tutti inventati, sono: “terrorista contro il Tempio”, “sobillatore del popolo”, “presunta regalità di Israele”, “pretesa di perdono dei peccati”, “presunta messianicità”, “bestemmia con cui si ritiene Figlio di Dio”.

Ore 3,00
Fuori dalla sala del Sinedrio, una donna riconosce Pietro come uno dei discepoli di Gesù. Soltanto un’ora dopo il suo tentativo di difendere il suo amico, è già pronto a rinnegarlo. Lo fa per tre volte, finché il canto di un gallo gli ricorda che Gesù gli aveva preannunciato quel momento. Deluso di se stesso, versa lacrime amare come un bambino.
Gesù ormai incarcerato, subisce intanto gli insulti e le derisioni delle guardie che si divertono con lui con il gioco del basileos (in greco vuol dire “re”). Lo percuotono alle spalle: lui deve indovinare chi lo colpisce e se sbaglia, colleziona nuove botte.
Per rendere il gioco più realistico lo rivestono con un mantello color porpora, simbolo della sovranità, intrecciano una corona a casco, tipica dell’area medio-orientale, con i rovi e i cardi con cui accendono il fuoco e ironicamente lo incoronano re. Lo costringono a tenere in mano un piccolo bastone, come uno scettro, e tra schiaffi e sputi fingono di adorarlo come il “re dei giudei”.

Ore 8,00
Il tenue sole primaverile filtra i suoi raggi nel palazzo del re Erode, dove abita il governatore romano Pilato quando si trova a Gerusalemme nei tempi di particolare agitazione della città. I rappresentanti del Sinedrio si recano da lui. Presentano i capi d’accusa contro Gesù e la richiesta della sua condanna a morte. Pilato, da parte sua, odia profondamente gli israeliti ed appena può prendersi qualche piccola rivincita lo fa con piacere.
Dopo avere interrogato Gesù non trova nulla di illegale in lui. Vuole liberarlo, ma subito incalzano i sinedriti sottolineando il reato di lesa maestà perché si considera il re di Israele. Reato estremamente grave e punibile con la crocifissione.

Ore 9,00
Pilato non vuole la condanna di Gesù, ma teme che il Sinedrio possa fare ricorso all’imperatore Tiberio, con cui aveva da poco avuto un piccolo incidente diplomatico per avere violato il Tempio di Gerusalemme.
Non vuole nemmeno dimostrarsi un debole, assoggettato al volere del Sinedrio. Decide quindi di inviare il galileo Gesù dal suo Tetrarca, Erode Antipa, anch’egli a Gerusalemme per la Pasqua. Erode, tuttavia, curioso di conoscere il “profeta di Nazaret”, ironizza sui suoi poteri e lo rispedisce a Pilato, ancora ricoperto di un mantello rosso, in segno di derisione.

Ore 10,00
Pilato tenta l’ultima mossa per salvare Gesù, avvalendosi di una clausola del diritto romano che prevede l’amnistia di un condannato in occasione della Pasqua. Ad un centinaio di persone radunate sotto il suo palazzo propone la scelta tra Gesù e Barabba, un delinquente comune. La piccola folla, formata in gran parte da borghesi che potevano permettersi di non lavorare e seguire le questioni politiche, era la stessa che Gesù criticava nei suoi discorsi contro i ricchi. Non esitò pertanto a chiedere la liberazione di Barabba e la crocifissione di Gesù.

Ore 11,00
Nel tentativo estremo di risparmiare la vita a Gesù, Pilato lo sottopone alla flagellazione, una tortura crudele, dove il condannato poteva perdere anche un litro di sangue e morire.
Alla folla, tuttavia, quel supplizio non basta. Quando Pilato presenta Gesù in una maschera di sangue con le parole “Ecce Homo” (“Ecco l’uomo”), la gente urla a gran voce la sua crocifissione. Pilato è dubbioso. Ma alla minaccia “se liberi quest’uomo non sei amico di Cesare”, consegna Gesù alle guardie perché sia crocifisso.

Ore 12,00
Il Golgota, che significa “cranio”, è una località appena fuori Gerusalemme, in direzione Nord Ovest. Qui spunta dal terreno una roccia alta una decina di metri, macabro palcoscenico su cui i romani crocifiggono i colpevoli dei reati più gravi.
Il percorso dal palazzo di Erode al Golgota è lungo circa 500 metri, una distanza senza fine per un uomo stremato dalla flagellazione e con il palo orizzontale della croce sulle spalle. Il condannato, prevede il diritto romano, deve scontare la pena secondo la sentenza, altrimenti le guardie sono giustiziate al suo posto. Ecco perché, lungo il tormentato percorso, la “scorta” ferma Simone di Cirene e lo costringe a portare la croce di Gesù, ormai senza più forze.

Ore 13,00
Gesù viene appeso alla croce con lunghi chiodi di circa 12 cm, fissato per i polsi e le caviglie. Accanto a lui, due zeloti, partigiani che lottavano contro il potere romano. Poco distante sua madre Maria e altre donne. Non potevano avvicinarsi alle croci in quanto era proibito piangere per i condannati a morte.
Le croci solitamente offrivano appoggi per prolungare l’agonia del condannato, ma non in quell’occasione in quanto era la parasceve, la vigilia della Pasqua, e nessun cadavere poteva restare esposto per non contaminare il culto.

Ore 15,00
La posizione rigida sulla croce, la difficoltà respiratoria, l’eccessivo affaticamento del cuore e le lesioni interne subite durante la flagellazione provocano la morte di Gesù.
Negli ultimi istanti di vita, Gesù prega con le parole del Salmo 22: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Chiede perdono per i suoi aguzzini, poi emette un forte grido di dolore e riconsegna il suo spirito a Dio suo Padre.

Ore 17,00
In tutta fretta, prima che il tramonto segni l’inizio della Pasqua e si blocchi ogni movimento, alcune donne, con l’aiuto di Giuseppe d’Arimatea, membro importante del Sinedrio e simpatizzante di Gesù, seppelliscono il corpo in un sepolcro nuovo.
Vi rimarrà fino al mattino di Pasqua, quando tornerà vivo tra i suoi come il primo e l’unico che ha sconfitto per sempre la morte. Per sé e per quanto crederanno in lui.

Fabio FERRARIO

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©AGOSTINO LONGO
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