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SCOUT FOREVER

Trentotto milioni di bambini, giovani e adulti, uomini e donne, in 216 nazioni festeggiano il centenario della loro associazione, che insegna valori che sembravano quasi dimenticati. Come la lealtà e la solidarietà. Sono coccinelle, lupetti, guide, esploratori, rover e scolte: celebrano lo scoutismo, il più grande movimento giovanile del mondo, che si propone di crescere tante persone in armonia con il prossimo e nel rispetto dell’ambiente, secondo i principi definiti dal suo fondatore lord Robert Baden-Powell.
“B.P.” - come lo chiamano gli scout - era un generale londinese che all’inizio del Novecento aveva combattuto in Sudafrica contro i boeri, contadini discendenti dei coloni olandesi. A quei tempi era un baffuto colonnello di cavalleria che preferiva la penna alla spada. E difatti, subito dopo la guerra, aveva pubblicato un “manuale per la ricerca dei sentieri nella boscaglia”.
Ritornato in patria, si era interessato dell’educazione dei ragazzi, nei quali notava mancanze di carattere, decisione e generosità. E, dopo aver consultato uomini di scuola e di religione, era passato alla realizzazione pratica del progetto che da tempo gli frullava in testa.

Un esercito pacifico
È il 1° agosto 1907 quando lord Baden Powell organizza il primo campo scout: nell’isola di Brownsea, sulla Manica. Ventitrè ragazzi e un militare, divisa identica per tutti, ricchi e poveri. Immediato fu lo stupore per quel drappello in calzoncini corti e il cappello a tesa larga, che s’inoltrava cantando nei cespugli per costruire capanne. I ragazzi in divisa dovettero subito imparare a digerire lo sberleffo. Ma i “bambini vestiti da cretini, guidati da un cretino vestito da bambino”, secondo la definizione scorrettissima di George Bernard Shaw, si diffusero in tutto il mondo.
Da quel primo raduno sono passate un paio di guerre mondiali, alcune rivoluzioni e nel frattempo l’uomo ha messo i piedi sulla luna, ha inventato Internet e i telefonini, ma gli scout sono sempre nel bosco. Annodano corde, costruiscono capanne senza chiodi, si salutano unendo le tre dita lunghe della mano, arrotolano al collo il fazzoletto (si chiama gilwell), si aiutano l’un l’altro in allegria, fanno la “buona azione quotidiana”. Insomma, restano fedeli ai quattro punti fondamentali indicati dal loro fondatore: formazione del carattere, abilità manuale, salute e forza fisica, servizio al prossimo. Qualità semplici, ma indispensabili per formare un uomo libero e un buon cittadino.
La divisa sarà pure un po’ militaresca (quasi inevitabile per chi va in campeggio), ma gli scout sono sinceramente pacifisti. In Libano, ragnatela di religioni e di abitudini diverse, sono rimasti uniti in 16 anni di guerra civile. In Israele esiste una federazione nazionale che comprende ebrei, drusi, cattolici e ortodossi. In Sudafrica gli scout hanno ignorato per decenni le leggi sulla segregazione razziale.
Il movimento, ovviamente, è osteggiato da ogni dittatura. Durante la seconda guerra mondiale, nazisti e fascisti sciolsero lo scoutismo in molti Paesi europei. Alcuni gruppi continuarono in clandestinità, soprattutto per salvare gli ebrei perseguitati. Spinti, come sempre, da motivi umanitari e non politici. Del resto, già Baden-Powell aveva dovuto fronteggiare tentativi di strumentalizzare il movimento. Invitato ad entrare nel Parlamento inglese, pare che il generale si sia difeso con una battuta: “Grazie, ma da che parte?”.
Adesso basta sfogliare l’elenco degli ex scout per avere la conferma di un arcobaleno politico: lo erano i ministri dell’Istruzione e dello Sport Beppe Fioroni (Margherita) e Giovanna Melandri (Ds), e Ignazio La Russa, capogruppo di An. Sono stati scout anche Pier Ferdinando Casini dell’Udc e il giornalista Piero Marrazzo, governatore del Lazio. E poi i cantanti Jovanotti e Gino Paoli, lo show-man Fiorello, l’attore Carlo Verdone, l’architetto Renzo Piano e tanti altri nomi da copertina.

Spirito positivo
Dopo una lieve flessione, negli ultimi 15 anni gli iscritti nel mondo sono quasi raddoppiati. In alcuni circoli riappaiono persino le liste di attesa. Tanto che per il raduno mondiale del centenario (a Londra dal 27 luglio all’8 agosto), dove c’era posto per non più di 45 mila ospiti, la Federazione italiana che ingloba cattolici e laici ha potuto accreditare soltanto 1.936 rappresentanti, uno per gruppo. Anche nel nostro Paese le manifestazioni celebrative sono molte: calendari, francobolli speciali, un libro a fumetti, raduni, giochi. E il 1° agosto, alle ore 8, il rinnovo della “promessa scout” al grido di Estote parati (State pronti) per tutti quelli che l’hanno già pronunciata in passato.
In Italia, il secolo di fondazione viene festeggiato da due associazioni: Agesci (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani, 178 mila iscritti, camicia azzurra) e Cngei (Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani, 12 mila iscritti, laici, camicia verde). Cambia qualche regola, qualche comportamento, ma in fondo lo spirito dello scoutismo è sempre quello: imparare da piccoli a diventare grandi. Ragazzi protagonisti della propria crescita, orientata alla “cittadinanza attiva”, che significa in armonia con se stessi, con il prossimo e con l’ambiente. Tutto questo ai tempi della playstation e dei telefonini, quando di solito i ragazzi sono acrobati del pollice e dell’indice, ma faticano ad allacciarsi le scarpe.
Invece, l’educazione tra pari degli scout (uno come te che ne sa più di te) insegna anche a sbrigare le faccende pratiche, con concretezza e responsabilità. Nel fascino della natura e della vita libera. E ogni sera un pensiero, prima di addormentarsi nel bosco. Uno dice: “Tutti hanno le ali, ma solo chi sogna impara a volare”.

PATRIZIO PALLADINO
Nilus
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©AGOSTINO LONGO
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