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Voli da record

Sette giorni sempre in volo. Dalla Nuova Zelanda alla Corea del Nord, senza mai fermarsi. A riuscire nella formidabile impresa la pittima minore, uccello non proprio conosciuto, ma in grado di battere tutti i suoi simili nella sfida del viaggio più lungo privo di soste.

Per seguire le tappe dell’interminabile percorso, gli studiosi, qualche tempo fa, le avevano messo un microchip sotto la pelle, scoprendo così le sue eccezionali doti di migratrice dei cieli. Partita intorno alla mezzanotte del 17 marzo del 2007 dalla Penisola Coromandel, in Nuova Zelanda, l’instancabile volatile è atterrato, al tramonto della settimana successiva, sulla pianura fangosa di Yalu Jiang. Per un totale di 10.205 chilometri, con un’andatura media di 56 chilometri all’ora, all’altezza di circa due chilometri da terra.

Grazie al microchip, gli scienziati hanno anche individuato il preciso tragitto compiuto dalla pittima, che è stata seguita da tre compagne: il gruppetto ha volato giorno e notte e, dopo essere “decollato” dalla Nuova Zelanda, ha attraversato il mare di Tasman, ha costeggiato ad est la Papua Nuova Guinea per puntare poi verso l’isola di Guam. E da qui raggiungere il Mar Giallo e finire la corsa in Corea del Nord.

La maggior parte delle pittime che arrivano a destinazione pesano circa 300 grammi, la metà del loro peso originario: un calo dovuto alla grande fatica che fanno durante la migrazione. È per questo che in Corea gli uccelli si fermano dalle 5 alle 6 settimane. Devono riposare e mangiare a sufficienza prima di iniziare l’ultima parte del loro cammino: una “puntatina” di cinquemila chilometri verso l’Alaska, dopo aver sorvolato le coste della Russia e superato lo stretto di Bering. Terminato il viaggio, preparano i nidi per i loro piccoli.

Imbattibili per la loro resistenza, le pittime trascorrono l’estate in Nuova Zelanda, dove sono circa 70 mila. Iniziano a migrare verso l’Alaska quando hanno 4-5 anni e poi continuano a farlo per tutta la vita. Qui, a giugno, nascono i piccoli che, dopo 10-12 settimane, compiono il loro primo volo verso la Nuova Zelanda, scegliendo però una via più diretta: attraversano l’Oceano Pacifico e arrivano sulle isole neozelandesi in settembre.

Da sud a nord e viceversa
Se la ricerca sulle pittime ha messo in luce le loro straordinarie capacità, ha anche riaperto l’interrogativo di sempre: perché gli uccelli migrano. Se la risposta si ritrova nella ricerca di cibo e di un posto dove far nascere i propri piccoli, tuttavia negli ultimi anni si è scoperto che non è vero che sono gli uccelli europei e nordamericani a migrare in Africa, Asia o America del Sud, ma il contrario.
Rondini, gruccioni e gru sono infatti uccelli di origine africana, che dopo la grande glaciazione terminata 12 mila anni fa, scoprirono che a nord esisteva un territorio privo di ghiacci, che non solo poteva offrire cibo a volontà, ma contava anche pochi predatori, l’ideale per allevare la prole: così impararono a migrare.
Sono numerose le specie che si spostano da un continente all’altro quando cambiano le stagioni. La maggior parte si trasferisce da sud a nord e viceversa, percorrendo rotte stabilite e viaggiando più o meno con un programma preciso: infatti arrivano e spariscono regolarmente secondo il calendario. Anche se negli ultimi anni, i cambiamenti del clima hanno fatto talvolta anticipare o ritardare di qualche tempo gli spostamenti da una zona all’altra della Terra.
Alcuni esemplari migrano tenendosi vicino al suolo, altri ad un’altitudine compresa di solito tra i 900 e i 2.000 metri, raramente superiore. Ovviamente, è variabile tra le specie, in relazione anche al tipo di territorio che stanno sorvolando. In Europa sono le oche ed i cigni a raggiungere le quote più elevate: sino a 8.500 metri, mentre il primato mondiale appartiene al grifone di Ruppell, finito purtroppo nei reattori di un aereo nei cieli sopra la Costa d’Avorio, a 11.300 metri da terra.
Anche la velocità del volo non è sempre costante e tende ad aumentare durante il superamento di barriere naturali, come le montagne o i deserti, e a mutare da specie a specie: mentre il colombaccio e il germano reale fanno 60 chilometri all’ora, il rondone ne percorre 40 e la cinciarella 29.
Nelle settimane che precedono la partenza, la maggior parte degli uccelli rinnova il piumaggio, adattandolo per aumentare l’efficienza del volo e quindi risparmiare energia, e accumula riserve di grasso per le fatiche imminenti. Anche se durante il viaggio di solito si fermano per mangiare, spesso devono fare fronte alle scarse risorse che trovano sulla loro rotta. Durante le volate transoceaniche alcuni esemplari cambiano persino abitudini: uccelli notturni rimangono svegli di giorno. Tutti hanno comunque una memoria infallibile e tornano ogni anno nel medesimo posto.

Tanti giramondo
Il primato della migrazione più lunga spetta alla berta grigia, che in alcune tappe raggiunge l’Alaska dall’Australia: un tragitto di circa 35 mila chilometri. Si passa poi alla sterna artica, che dopo aver nidificato lungo le coste settentrionali dell’Europa e dell’America, si trasferisce in inverno nella parte opposta del globo superando a volte il Circolo Polare Antartico. Una fatica di almeno 25 mila chilometri, in parte ancora avvolta nel mistero: non si capisce come questi uccelli riescano a riposarsi durante il volo sull’Atlantico, visto che raramente si posano sull’acqua. Siccome la sterna può vivere anche 25 anni, la distanza coperta nella sua vita solo per gli spostamenti migratori può raggiungere il milione di chilometri.
Al terzo posto, la poiana di Swainson, che viaggia per oltre 22 mila chilometri dal Nord America al centro dell’Argentina, seguita dal culbianco, 13.500 chilometri dal nord russo al Sudafrica. A pari merito, combattente e piovanello, con 12 mila: il primo dal nord Europa al centro dell’Africa, il secondo dal Canada al Sudamerica.
I migratori europei diretti in Africa, dove ogni anno si stima che svernino oltre cinque miliardi di uccelli, coprono invece distanze di 5 mila chilometri, percorsi in circa 100 giorni. La maggior parte compie tappe con un avanzamento giornaliero compreso tra i 60 e i 75 chilometri: tra questi, beccafichi e capinere. Più veloci rondini, sterne e limicoli, che percorrono tratte di 150, 200 chilometri al giorno. Al contrario, sono rare le specie di uccelli europei che fanno il viaggio verso la terra calda in un’unica o in poche tappe. Tra queste spicca il Beccaccino, con percorsi non-stop di 5.000, 7.500 chilometri. Insomma, questi uccelli hanno sempre la valigia… sotto l’ala.
GIANNA BOETTI
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©AGOSTINO LONGO
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