D. In quali condizioni è nato il nuovo album?
R. In un’atmosfera rilassata. Ho scritto la maggior parte dei pezzi nella mia casa di Dublino. Uscivo sovente per fare delle passeggiate e mi sedevo ad osservare la gente, annotando quello che mi passava per la testa. Poi ritornavo tra le mura domestiche e incominciavo a suonare, spinto dalle suggestioni ricevute.
D. Cosa è cambiato rispetto ai precedenti lavori?
R. E' la prima volta che ho davvero avuto l’opportunità di dire quello che volevo nelle canzoni. E questo perché ho avuto sotto controllo l’intera produzione del disco, cosa che non era mai accaduta in passato. Ho composto quasi tutti i pezzi, ho curato gli arrangiamenti e la scelta dei suoni, condividendo la responsabilità con persone di mia fiducia. È un album di cui vado orgoglioso.
D. Dal punto di vista musicale, quale direzione hai seguito?
R. Per certi versi, sono ritornato un po’ alle atmosfere del primo album, ma credo che la qualità dei pezzi e la loro costruzione musicale siano nettamente superiori. Destination, la mia seconda fatica, aveva qualche passaggio che non mi convinceva pienamente, andava in una direzione in parte sbagliata. Insomma, ho fatto un passo indietro per farne due in avanti.
D. E' un disco che tocca argomenti molto personali, come nel brano This is your song, dedicato a tua mamma scomparsa. Vuoi parlarne?
R. Ho perso mia madre cinque anni fa, colpita dal cancro. Allora scrissi questa canzone, ma non la feci ascoltare a nessuno: era un mio sfogo e l’ho accantonata. Oggi sto meglio e ho pensato che fosse arrivato il momento di inciderla, anche se è stato comunque difficile cantarla. Parla di lei e di come sperava sarebbero state le nostre vite, di come mi ha cresciuto.
D. C’è anche una canzone per tua moglie Yvonne.
R. Sì, è First time, ed è uno dei brani più romantici del disco. Dopo cinque anni di matrimonio, ogni suo abbraccio o bacio, mi trasmette le stesse emozioni che provai la prima volta. E lo dico in questa canzone.
D. Sei diventato una star giovanissimo con i Boyzone, per poi proseguire da solo brillantemente. La popolarità ha penalizzato in qualche modo la tua esistenza?
R. Sono riuscito a conviverci abbastanza bene, soprattutto agli inizi quando poteva essere facile perdersi. Mi ritengo fortunato a fare un mestiere bellissimo, che mi ha permesso di esprimere le mie emozioni con la musica. Non solo, ho potuto conoscere il mondo, confrontarmi con diverse culture, incontrare tante persone: sono cose che ti aiutano a maturare, ad allargare i tuoi orizzonti.
D. Sei anche impegnato dal punto di vista sociale. In quale modo?
R. Ho messo in piedi la Marie Keating Foundation, intitolata a mia madre, per raccogliere fondi destinati alla lotta contro il cancro. Quest’anno, poi, ho partecipato alla lunga maratona di beneficenza che attraversa l’intera Irlanda da nord a sud, oltre 400 chilometri che si percorrono in circa tre settimane. Ma ne valeva la pena, visto che sono stati donati tantissimi soldi finiti poi nelle casse dell’Action Cancer irlandese e della mia fondazione. L’intento era non solo di raccogliere denaro, ma di sensibilizzare la gente sul problema. La battaglia, in ogni caso, continua.
CLAUDIO FACCHETTI
