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Volando sul ghiaccio

Ottantotto centesimi di punto tra Carolina Kostner e l’oro mondiale. Un sogno che a Goeteborg, 20 marzo 2008, non si è concretizzato per un banalissimo errore, una mano che all’uscita da un salto ha toccato la pista di ghiaccio. Sul gradino più alto del podio è finita la giapponese Mao Asada davanti a Carolina, alla coreana Yu-Na Kim e a Kyoko Nakano, l’altra fuoriclasse nipponica: si è interrotta tuttavia, a dispetto delle previsioni dei critici, la totale supremazia delle pattinatrici asiatiche, date per imbattibili alla vigilia del Mondiale svedese.
 
Carolina astro nascente? L’età, 21 anni, lo lascia intendere, nel senso che i margini di miglioramento sono ancora molto ampi. Visti i successi a ripetizione e la popolarità ormai acquisita, viene tuttavia da pensare che l’immagine sia kostnerriduttiva: Carolina Kostner, oggi, è un astro di prima grandezza, in grado di lasciare il segno nella storia di una specialità che non ha mai avuto autentiche mattatrici.
 
Sul ghiaccio, lo sappiamo bene, basta un errore minimo, una scivolata, per ribaltare classifiche e graduatorie di merito. È difficile, insomma, che un’atleta si caratterizzi per "continuità", vista la frequenza con cui cambiano i protagonisti da podio. E tuttavia proprio la continuità, se consideriamo i due titoli europei consecutivi (2007 e 2008) e l’argento e il bronzo mondiali già acquisiti (2005 e 2008) sembra essere la dote peculiare di Carolina.
 
Un miracolo di grazia ma anche di qualità atletiche se è vero che per pattinare ai suoi livelli bisogna mettersi alle spalle ore e ore di applicazione sul ghiaccio e in palestra, di studio dei movimenti, di analisi delle coreografie, di scelta delle musiche e così via. Una attività frenetica che trova la propria espressione pratica in pochi minuti di danza leggera sul ghiaccio.
 
"Senza quell’incertezza nel triplo flip finale - racconta Carolina - avrei potuto forse conquistare il titolo mondiale. Sono contenta ugualmente, l’argento mi ha regalato comunque una grande soddisfazione. È lo sport, è la vita. Il pubblico mi ha trascinato anche in quella occasione. Ho compiuto qualche errore perché sono emotiva e a certe emozioni non resto impermeabile. In gara ho pattinato comunque il miglior "libero" della stagione, avrò in futuro la possibilità di rifarmi".
 

Un sogno da inseguire

Prima dell’argento mondiale, Carolina aveva bissato l’oro europeo. Un talento straordinario, hanno evidenziato i tecnici. Dietro quel talento, tuttavia, quanti sacrifici. Basti pensare che a soli 13 anni ha lasciato Ortisei per trasferirsi in Baviera, a Oberstdorf, e allenarsi sotto la guida del grande Michael Huth. "C’era un sogno da inseguire – dice Carolina - e ho fatto davvero tutto per realizzarlo. I primi successi mi hanno stimolato e reso consapevole delle mie possibilità".
 
Il momento chiave della sua carriera? "Sembra un paradosso - dice - ma credo che le Olimpiadi di Torino, coincise con la mia delusione più grande mi abbiano indicato la strada da imboccare, mi abbiano regalato la maturità attuale. Avevo un ruolo importante, ero la portabandiera dello sport azzurro alla sfilata, al momento della gara c’erano undici milioni di persone incollate davanti alla tv ed è andata come è andata".
 
Sono stati giorni difficili che tuttavia l’hanno aiutata a crescere. Aggiunge: "In fondo è giusto così: lo sport è sport, un’atleta può migliore soltanto attraverso i propri errori. Certe esperienze, positive o negative, sono comunque importanti. In pista non sono più la bambina solo salti e talento. Lontano dalla pista gestisco meglio i rapporti. I giornalisti mi terrorizzavano, ora chiacchierare con loro mi diverte".
 
Rimane naturalmente il problema di una emotività eccessiva ma qualcosa sta cambiando. "Avverto ancora il peso delle responsabilità ma soltanto perché ho un animo sensibile. Sotto questo profilo credo che le pattinatrici asiatiche, più abituate a gestire le emozioni, siano avvantaggiate. Come reagisco? Con uno stile che vorrei fosse sempre più riconoscibile. E con la mia spontaneità".
 
A giudizio degli esperti il nuovo criterio di votazioni in uso presso le giurie internazionali ingabbia la fantasia. Ecco allora che Carolina, che di fantasia ne ha da vendere, è chiamata ogni volta a cercare elementi di novità per sorprendere, per caratterizzarsi inkostner maniera precisa. "Curo maggiormente il trucco, l’acconciatura, i costumi, le musiche, le coreografie: sono i piccoli dettagli, ormai a fare la differenza. Persino gli abiti da gara, che pretendo siano assolutamente riconoscibili come creazioni italiane, sono importanti. Dando naturalmente scontato che il meglio di sé bisogna darlo in pista, con i pattini".
 

I frutti del lavoro

La popolarità acquisita, la presenza accanto a lei di importanti sponsor non l’hanno cambiata. "Sono diventata famosa ma sono rimasta me stessa, posso guardarmi allo specchio con serenità. Facendo ciò che mi piace, cioè pattinare, ho raccolto soltanto i frutti di tutto il mio lavoro".
 
Molti pregi, per Carolina, ma anche qualche difetto. "Sono testarda, quando mi metto in testa un’idea è difficile farmi cambiare parere. Un esempio? All’inizio della mia carriera quello che mi diceva Michael Huth, il mio allenatore, era una specie di vangelo. Adesso non più: ci confrontiamo, e a volte litighiamo ferocemente. L’importante è inseguire sempre qualcosa di nuovo: nel pattinaggio è vietato sedersi sugli allori".
 
Nella vita privata Carolina è uguale in tutto e per tutto alle sue coetanee. Ama la musica ("Damien Rice e i Red Hot Chili Peppers sono i miei preferiti con Giovanni Allevi") e anche se ha pochissime occasioni per andare al cinema colloca Johnny Depp al top delle preferenze. Libri? Ci sono anche quelli, naturalmente: Paulo Coelho e Nico Orengo sono i suoi beniamini. "Mi sono iscritta al Dams di Torino - confida - ma non mi è facile seguire corsi regolari. Mi aiuto con il Cepu, e i risultati mi stanno dando ragione: basta naturalmente applicarsi con convinzione perché nella vita, proprio come nello sport, nulla si improvvisa".
 
Da qualche tempo c’è anche l’amore, nella vita di Carolina. Il suo fidanzato è un marciatore immortalato dalle Olimpiadi di Pechino, quell’Alex Schwazer che è stato l’unico azzurro a vincere una medaglia d’oro nell’atletica leggera. "Ci siamo visti in centro a Torino – dice Carolina - e ci siamo piaciuti subito. Io frequento l’università, lui vive a Saluzzo dove si allena sotto la guida di Damilano. Abbiamo caratteri molto simili anche perché siamo tutti e due altoatesini, legati alla nostra terra e alle nostre tradizioni. Il fatto di rimanere spesso lontani non ci condiziona: siamo abituati, sin da ragazzi abbiamo dovuto allontanarci dalle nostre famiglie. Chi fa sport ai nostri livelli riesce a gestire senza difficoltà i propri sentimenti".
 
©Mondo Erre - Adalberto Scemma

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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©AGOSTINO LONGO
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