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Stelle sotto il cielo del Sudafrica

Nove esperti su dieci hanno già emesso il verdetto: sarà Lionel Messi, il genio tascabile del Barcellona e della Nazionale argentina, il protagonista assoluto del prossimo Mondiale. Persino Diego Maradona, che si considera “unico e inimitabile”, lo ha eletto pubblicamente a proprio erede. Una nomination pesante e una responsabilità ben precisa. E tuttavia Lionel, 23 anni compiuti a giugno, ha già dimostrato di possedere classe, personalità e carisma a sufficienza per messiaffrontare l’impegno senza pagare pedaggio all’emozione.
 
Del resto è un vincente nato: oltre al Pallone d’Oro conquistato nella passata stagione, ha al proprio attivo una vittoria in Champions League con il Barcellona, un oro con la Nazionale olimpica argentina a Pechino 2008 e un Mondiale Under 20 nel 2005.
 
È una storia che ha i contorni della favola, quella di Lionel Messi. A 13 anni, quando vestiva la maglia del Newell’s Old Boys di Rosario, era già considerato un fenomeno. Unico problema la statura, al punto che quando i medici gli diagnosticarono un problema all’ormone della crescita nessuno sembrava disposto a scommettere su di lui e a sostenere le costosissime cure mediche a base di somatotropina.
 
Nessuno ad eccezione del “diesse” del Barcellona Carles Rexach, che dopo averlo invitato in Spagna per un provino di sedici giorni fece firmare al padre di Lionel un precontratto sul tovagliolo di un ristorante per paura che ci ripensasse. Da allora una escalation straordinaria e una crescita (statura compresa) in linea con le attese. Oggi Messi ha risolto i problemi di salute e sfiora l’1,70, ben sei centimetri in più del suo idolo Maradona che lo guiderà al Mondiale dalla panchina dell’Argentina.
 
È d’obbligo, se valutiamo le qualità di carattere tecnico, puntare anche su Cristiano Ronaldo, ma il fuoriclasse portoghese non può pensare di far leva unicamente sulle doti individuali e ha l’handicap di giocare in una Nazionale, quella portoghese, qualificatasi per il Mondiale soltanto dopo uno spareggio.
 
Molto dipenderà dal supporto che riceverà dai compagni e dai turni che il Portogallo riuscirà eventualmente a superare. Il girone in cui è stato inserito, tanto per chiarire, non è dei più facili, con il Brasile di Kakà in pole position, la Corea del Sud e la Costa d’Avorio di Drogba.
 
palloneAnalogo a quello di Cristiano Ronaldo il compito di Didier Drogba, che pur essendo cresciuto calcisticamente in Francia, dove si è trasferito all’età di 5 anni, non ha mai rinunciato al passaporto ivoriano. Anche Drogba avrà un ruolo di trascinatore che potrebbe esaltarlo ma al tempo stesso penalizzarlo qualora la squadra non si dimostrasse in grado di assecondarlo.
 
Affronterà il Mondiale con l’etichetta di stella di prima grandezza anche l’inglese Wayne Rooney, un attaccante atipico che nei momenti di forma è assolutamente imprendibile: da un lato lo scatto da fermo, dall’altro la capacità di svariare in velocità in tutti i settori del campo e di proporsi addirittura in fase difensiva. Infine un fiuto della rete che lo porta a tentare il gol da posizioni apparentemente impossibili. Non a caso i tifosi del Manchester United gli hanno appioppato il soprannome di “The machinet”, la macchinetta.
 
A vantaggio di Rooney gioca anche, e soprattutto, la solidità della Nazionale inglese, che sotto la gestione di Fabio Capello è cresciuta progressivamente di tono sino a proporsi come la grande favorita del Mondiale alla pari con il Brasile. L’Inghilterra ha vinto nove dei dieci incontri di qualificazione perdendo una sola volta. A innescare Rooney ci sono poi i leoni del centrocampo, da Gerrard a Lampard, e compagni di reparti irriducibili come Crouch e Cole. Senza dimenticare la regia di Fabio Capello, un tecnico che dalla panchina può sempre inventare le mosse decisive.
 
Come si può osservare, abbiamo citato tra i possibili protagonisti tre attaccanti di ruolo. I bomber sanno accendere la fantasia e saranno ancora una volta loro, con ogni probabilità, a finire sotto i riflettori. E tuttavia nessuno può escludere che a salire sul podio possa essere un centrocampista (come è accaduto a Beckenbauer nella Germania 1974) o addirittura un difensore (fu Liliam Thuram a trascinare la Francia nel 1998). Ecco dunque che a candidarsi per un ruolo da protagonista potrebbero essere i francesi Ribery o Malouda, il primo stella del Bayern, il secondo del Chelsea, oppure gli spagnoli Xabi Alonso e Fabregas. E nulla vieta che proprio la straordinaria vetrina del Mondiale possa proporre a sorpresa l’outsider di turno, come accadde a Totò Schillaci nel Mondiale di Italia 90.
 
Guai a dimenticare, a proposito di outsider, il peso che potrebbe avere la Nazionale tedesca, che nella storia della rassegna iridata ha sempre recitato un ruolo primario: tre i successi (1954, 1974 e 1990) ma addirittura sette le presenze su podio con quattro secondi posti (1966, 1982, 1986 e 2002) e tre terzi posti (1934, 1979 e 2006). La Germania non ha individualità di grandissimo spicco e tuttavia personaggi come Ballack, Schweinsteiger, Klose e Podolski potrebbero emergere per fare nelle singole situazioni tattiche la differenza.
 

Tutti contro gli azzurri

Dulcis in fundo la Nazionale azzurra, che non possiamo considerare una outsider, visto che affronta il Mondiale da campione uscente, ma che agli occhi dei tecnici rappresenta una autentica incognita. Prima di tutto perché se teniamo conto del riscontro statistico soltanto il Brasile è riuscito a bissare il titolo nazionalemondiale (1958 e 1962), in secondo luogo perché Lippi – almeno sulla carta – ha commesso l’errore di puntare sugli “eroi stanchi” del Mondiale tedesco.
 
Gli azzurri dovranno combattere contro avversari di qualità che riescono a coniugare calcio atletico e tecnico, ma dovranno prima di tutto esorcizzare l’anagrafe. Guai a dimenticare che Cannavaro ha 36 anni e che accanto a lui abbondano gli ultratrentenni, Buffon, Zambrotta, Grosso, Gattuso, Camoranesi, Toni, Pirlo, Legrottaglie e Di Natale tra gli altri.
 
Molto dipenderà dalle motivazioni che Marcello Lippi riuscirà a suggerire. Per nostra fortuna l’Italia è stata inserita in un girone sulla carta decisamente abbordabile con Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia. In quest’ultima squadra troveremo in veste di avversario il centrocampista del Napoli Marek Hamsik, uno degli idoli del San Paolo, poco più che ventenne e ritenuto un emergente anche a livello internazionale.
 
©Mondo Erre - Adalberto Scemma
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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©AGOSTINO LONGO
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