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OLIMPIADI DA RECORD

Quindici sport, con 2.500 atleti provenienti da più di 80 Paesi a contendersi le 84 medaglie in palio. Ecco servite le Olimpiadi invernali numero 20, le seconde che si svolgono in Italia a cinquanta anni esatti da quelle di Cortina 1956. Per la prima volta nella storia a cinque cerchi, è una metropoli a preparare questo gustoso “pasto” a base di ghiaccio e neve. Insieme a Torino, però, ci sono altre 6 località: lo spettacolo delle sedici giornate di gara (10-26 febbraio) va in scena sotto la Mole, ma anche a Pinerolo e nei comuni sulle montagne delle valli Susa e Chisone.

Un tracciato di fotocellule
L’inizio delle gare, dopo la spettacolare cerimonia di apertura con oltre 6 mila artisti ad esibirsi di fronte a 2 miliardi di telespettatori, è previsto per la mattina dell’11 febbraio con la 15 chilometri della Combinata Nordica. Per gli scienziati e i tecnici impegnati a migliorare le prestazioni degli atleti, però, le Olimpiadi sono iniziate diversi mesi fa. Sensori sulle rampe di partenza, foto stroboscopiche, microincisioni sugli sci: sono soltanto alcuni dei “trucchi” studiati far guadagnare agli atleti quella frazione di secondo che separa un buon piazzamento da una medaglia.
Gli slittini della nazionale azzurra, ad esempio, sono stati perfezionati con alcune modifiche sperimentate in galleria del vento. Proprio come accade con le macchine della Formula Uno, ingegneri specializzati ne hanno studiato l’aerodinamica per farli volare a velocità che sfiorano i 140 chilometri orari. Inutile, però, indagare su quali siano gli accorgimenti adottati: sarebbero capaci di sopportare le peggiori torture, pur di non favorire gli avversari con qualche rivelazione.
Il direttore tecnico della squadra italiana di bob, Corrado Dal Fabbro, non fa invece mistero della “formula magica” utilizzata per migliorare la guida dei suoi atleti: “A Vipiteno – spiega – abbiamo costruito una pista d’allenamento con un carrello trasparente al posto del bob e il tracciato cosparso di fotocellule. I fotogrammi realizzati ci hanno mostrato le traiettorie degli atleti e il loro studio ci ha fatto capire come guidare su quelle più vantaggiose”. Uno stratagemma utilizzato anche lungo il serpentone ghiacciato di Cesana Pariol, quello che ospiterà le competizioni di Torino 2006, per sfruttare al meglio il vantaggio di gareggiare in casa.
“Piccole incisioni renderanno più scorrevoli i nostri sci”. Lo rivela Marco Albarello, il direttore tecnico dell’Italia dello sci di fondo, senza però svelare altri particolari di queste “microrigature”. “I nuovi sci vanno che è una meraviglia” - si limita a dire lasciando sfuggire dalle labbra il sorriso di chi la sa lunga - . Usiamo degli sci sperimentali lunghi un metro e dieci centimetri, dotati di fotocellule per misurare l’attrito e la velocità di scorrevolezza sulla neve dei nuovi materiali. E abbiamo studiato persino la temperatura e il ph delle piste, due parametri che influenzano la tenuta della sciolina sui cristalli di neve, soprattutto quando si va in salita”. I primi frutti di questi esperimenti si sono già vista agli ultimi Mondiali, quando l’Italia si è piazzata al primo e al secondo posto della 15 chilometri di skating.
La tecnologia, però, non serve soltanto a spingere gli atleti verso il podio. La maggior parte delle recenti innovazioni punta infatti all’incolumità degli sportivi a cinque cerchi. Lo short track ad esempio, con pattinatori lanciati a tutta velocità su una pista ovale di 111 metri, è uno sport ad alto rischio per le lame in acciaio temperato dei pattini. Ecco perché a Torino 2006, oltre a parastinchi, collarino e casco, sarà obbligatorio indossare apposite tute antitaglio: un pezzo unico senza cuciture – stile Uomo Ragno o Cat Woman – fabbricata in kevlar, nylon e spandex.

Impianti da fantascienza
In quanto a tecnologia, comunque, non scherzano neppure gli impianti costruiti per ospitare le Olimpiadi invernali di Torino. Stadi, palazzetti del ghiaccio, piste e trampolini sono stati progettati, infatti, tenendo conto degli ultimi ritrovati della ricerca, con risultati che in alcuni casi hanno davvero dello strabiliante.
La pista di bob, slittino e skeleton, situata sui 1.600 metri di Cesana Pariol, è ad esempio la più alta ad essere mai stata realizzata al mondo. Roba da far venire le vertigini, come i trampolini di Pragelato che permettono agli atleti di compiere dei salti alla Superman. Un complesso sistema di perni filettati e martinetti idraulici regola il profilo degli oltre 100 metri della rampa di lancio con la precisione di un computer, in modo da avere sempre la giusta pendenza.
Al Pala Isozaki, l’impianto dove si disputerà il torneo di hockey su ghiaccio, le tribune possono invece essere impacchettate in speciali “armadi a muro”, in modo da adattare a seconda delle esigenze la capienza degli spalti e la grandezza del campo da gioco.
L’investimento per mettere a punto tutti questi accorgimenti è stato di oltre 2 mila milioni di euro, una cifra capace di far venire il mal di testa persino a zio Paperone, mentre gli operai impegnati sono stati più di 15 mila per un totale di oltre 16 milioni di ore lavorative.

Rispetto del territorio
Il suo nome, Hector, assomiglia a quello di un giardiniere. E in quanto a “pollice verde”, il progetto ambientale del Toroc – il Comitato organizzatore di Torino 2006 – ha senza dubbio pochi rivali. I Giochi di febbraio, infatti, sono i primi nella storia a cinque cerchi a zero emissioni di anidride carbonica.
Tutti i preparativi olimpici, dalla costruzione degli impianti all’organizzazione delle gare, sono stati pensati per non danneggiare l’ambiente. Accanto ai palazzetti, molti dei quali realizzati con materiali ecologici, sono stati piantati fiori ed alberi. E negli uffici le Olimpiadi sono state pianificate utilizzando carta riciclata e inchiostri a basso inquinamento. E per accendere le luci è stata acquistata solo energia elettrica pulita. Scelte improntate al rispetto del territorio che hanno assicurato a Torino 2006 la “medaglia” di essere dei Giochi a prova d’ambiente.
ALESSANDRO GALAVOTTI
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