Il decimo sigillo
È un traguardo importante quello che taglia quest’anno Fabrizio Moro. Il suo ultimo album, Figli di nessuno, è difatti il decimo inciso in studio, a coronamento di una carriera in costante crescita. Raccoglie undici canzoni caratterizzate dal linguaggio senza filtri che da sempre contraddistingue il cantautore romano e in cui ritroviamo la sua voce grintosa e impetuosa.
I brani del disco raccontano
un’idea di riscatto e abbracciano mondi musicali
diversi: si va dal rock a canzoni dolci, che sono nelle corde di Fabrizio Moro, anche se di solito predilige uno stile e un tono più intensi.
Il grande pubblico l’ha seguito in ben sei edizioni del Festival di Sanremo. Tra tutte, le partecipazioni che hanno lasciato il segno più marcato sono state quella del 2007 con Pensa, brano con cui ha vinto tra i giovani, e quella del 2018, quando ha trionfato tra i big in coppia con Ermal Meta cantando Non mi avete fatto niente.
Adesso Fabrizio Moro scalda i motori per il suo prossimo che prenderà il via il prossimo ottobre.
Chi sono i Figli di nessuno
A chi ti riferisci con “Figli di nessuno”?
A quelle persone che soffrono più di altre, a quelle abbandonate a se stesse, a chi raramente ha avuto una mano tesa dagli altri. Alcuni figli di nessuno sono i miei amici, quelli di sempre che ancora oggi frequento. Alcuni di loro hanno realizzato i loro sogni, altri no, ma hanno costantemente combattuto con dignità e coraggio.
Ci fai un esempio di “figlio di nessuno”?
Il pugile cinematografico Rocky, che viene dal ghetto ma ha raggiunto il risultato che si era prefissato, diventare un campione. I figli di nessuno sono i combattenti, non gli sconfitti.
Tu sei figlio di nessuno?
Sì, e continuo a esserlo. Ripensare al mio percorso mi emoziona. Mi sono trovato bene con Ermal perché ci siamo detti che siamo due sopravvissuti. La strada per il successo a noi due l’hanno fatta prendere da molto lontano, ma questo mi piace della mia storia perché non devo dire grazie a nessuno, se non le persone che mi sono scelto.
Periodi difficili
Il successo non arriva facilmente, e quando arriva non è semplice mantenerlo.
Fa male vedere tanti talenti, in generale, che non riescono ad affermarsi. L’Italia è un Paese complicato da questo punto di vista. Ho paura per i miei figli, ho timore per il loro futuro e questo pensiero mi fa soffrire. L’Italia mi sembra una persona che noi stessi abbiamo tradito... Dico ai giovani che la forza vera ce l’hanno nelle loro mani.
La tua storia dimostra che la forza tu l’hai tirata fuori negli alti e bassi della vita…
Ho passato periodi difficili da giovane, ho abusato di alcol e droghe, ma ne sono uscito andando anche in comunità. Rimango un rivoluzionario dentro, per natura. E forse per questo ho rallentato molto la mia carriera.
Quale caratteristica ti piace sottolineare del tuo album?
Non ho cercato omogeneità nel disco. Questo lavoro è stato prodotto da me e dai miei musicisti, che arrivano da mondi musicali diversi tra loro, e si sente.
Quando era ragazzo
In Arresto cardiaco canti: “Non aveva torto il prete all’oratorio, mi diceva che sarei finito in purgatorio”. Ci finirai?
Ci sono già! L’ipocondria, la paura di ammalarmi nonostante l’analisi ancora non mi abbandona del tutto. La gestisco meglio da un po’ di anni, anche grazie alla paternità (Fabrizio ha due figli, Anita e Libero, nda). Attacchi di panico non ne ho più, ma durante i periodi di lavoro intenso vivo ancora delle turbolenze.
Inizialmente il brano si chiamava proprio Attacco di panico, ma ho scelto Arresto cardiaco perché suona meglio. La sensazione che provi quando ne hai uno è quella descritta nella canzone, pensi di morire. Però così ho imparato che la vita è bella.
In cosa credi?
Sono molto credente, la fede spesso mi ha aiutato nelle difficoltà. Sono anche un ottimista per natura, lo sono sempre stato.
Quindi andavi davvero all’oratorio, come canti?
Sì, anche se a 16 anni non ci andavo per pregare. Dove abitavo non c’era niente, nemmeno un bar. Quello dell’oratorio era l’unico tetto disponibile per noi ragazzini. Don Carlo aveva allestito lì una sala prove. Eravamo a Guidonia, ogni sabato sera a suonare le canzoni di Umberto Tozzi, di Ligabue... le serate più belle.
I prossimi concerti
Il tuo riferimento alle prove fa venire in mente i concerti.
Ogni volta che lavoriamo in studio abbiamo il pensiero rivolto al live. Per questo che sarà il mio primo tour nei palazzetti abbiamo ipotizzato una scaletta di 2 ore e mezza, 3 ore. Non ho pensato ancora a eventuali ospiti.
Il tuo quartiere è San Basilio, a Roma. Da lì negli ultimi anni oltre a te sono emersi Mannarino e Ultimo.
E io ne vado fiero. Con Ultimo ci siamo dati appuntamento più volte a casa mia, ma non ce l’abbiamo fatta a vederci. Però ci sentiamo spesso.
Cosa pensi del suo disco?
Le cose che fa mi piacciono sempre tanto.
LA SCHEDA
Chi è
Fabrizio Mobrici, in arte Fabrizo Moro, è nato a Roma il 9 aprile 1975. In azione dal 1996, si è imposto all’attenzione del pubblico nel 2007 a Sanremo con Pensa, vincendo tra i giovani. Sempre sul palco dell’Ariston, ha trionfato tra i big l’anno scorso con Non mi avete fatto niente, in coppia con Ermal Meta.
Il suo ultimo album è Figli di nessuno, che porterà in tour a partire da ottobre.
© Francesca Binfarè - Mondo Erre