La bufera era nell’aria da un pezzo. Non si contavano più gli attacchi in pubblico da parte dei pezzi grossi della città contro Gesù, il giovane profeta di Nazaret, un paesino del nord della Palestina. I professoroni del Tempio lo accusavano, poi, di essersi montata la testa. Altro che Messia e inviato di Dio! Un esaltato da strapazzo! Da far fuori al più presto.
Ci hanno messo un po’ di tempo, ma alla fine ci sono riusciti. Hanno pagato profumatamente un suo amico, un certo Giuda, uno dei Dodici, i collaboratori più stretti di Gesù. Un tipo che a me non era mai piaciuto. E non mi sono sbagliato.
Una notte, era quasi Pasqua, quel traditore guidò le guardie nell’orto in cui il Maestro stava pregando con i suoi. Fu un giochetto arrestare un uomo pacifico, che ha usato le mani solo per guarire gli ammalati e benedire noi ragazzi. Io, Jonathan, sono uno di questi fortunati. L’ho visto la prima volta, insieme alla mia “baby gang”, il giorno in cui quei rompiscatole di adulti cercavano di cacciarci via durante una sua “predica”. Mi restò subito simpatico perché prese le nostre difese. Era la prima volta che succedeva. Ci indicò, niente meno, che come “esempi da imitare”.
Occhi di cristallo
“Esempi da imitare”! Con me ha bucato alla grande. Si vede che non mi conosceva, altrimenti non avrebbe portato a modello il rampollo di uno zelota e lo spauracchio degli studenti di Gerusalemme! Con i miei compagni mi divertivo a taglieggiare “i figli di papà” che frequentavano la scuola più “in” della capitale.
A farmi “innamorare” di colui che diventò il mio più grande amico, furono gli occhi. Due perle di cristallo celeste che mi fissarono con una tenerezza mai gustata prima. Li sentii arrivare diritti al cuore come fulmini ad incenerire tutta la rabbia che covavo nei confronti del mondo intero. Non lo mollai più. Gettai in fondo a un burrone il mio coltello con cui terrorizzavo la gente e cominciai a seguirlo sulle strade surriscaldate della Palestina.
Furono i giorni più belli della mia vita. Ho assistito a scene indescrivibili. Ho visto migliaia di pagnotte moltiplicarsi nelle sue mani per una marea di gente affamata; poveri sciancati riprendere a camminare e sordomuti ritrovare la parola. Il fatto, però, che mi ha sconvolto di più è stato quello di un giovane che veniva trasportato al cimitero. Al tocco magico delle sue parole è tornato in vita. Incredibile! E non fu l’unico caso del genere. Chiedetelo anche al centurione romano e alle * sorelle di Lazzaro.
Una scena “horror”
Uno come me non ha certamente un cuore di panna. Eppure, vi assicuro, sono rimasto sconvolto dagli ultimi tre giorni di vita del mio Amico. Dopo la cattura, avrei voluto rimanergli accanto per non farlo sentire solo. Non come quei fifoni dei suoi apostoli e discepoli che sono spariti nel nulla… Ma mi hanno impedito di entrare sia nel tribunale che nel palazzo del governatore romano. Ho saputo da mio padre che lì i soldati l’hanno ridotto a uno straccio a forza di frustate e botte.
Quando l’ho rivisto era una ferita unica, dalla testa ai piedi e con un pesante palo sulle spalle. Chiesi dove lo stessero portando. “A morire sulla collina dei teschi”, mi ha risposto un vecchio, scuotendo la testa.
Ho cercato di dargli una mano a rialzarsi dopo ogni caduta. Ma sono stato respinto brutalmente dai soldati, fino sulla collina del Calvario. Ancora oggi mi rimbombano in testa le martellate con cui l’hanno fissato sull’altro palo della croce.
L’ho visto morire da lontano perché le forze dell’ordine mi hanno sbarrato la strada. Le mani mi ribollivano come tizzoni accesi. Se avessi avuto ancora il coltello, mi sarei precipitato contro quei maledetti assassini. Non sanno che hanno messo a morte la persona più dolce del mondo?
Quando ha finito di tribolare, il cielo e la terra hanno sfogato la loro collera in una scena “horror” che non dimenticherò mai. Poi hanno messo il suo corpo martoriato in una tomba nuova, scavata nella roccia, sigillandola con una grossa pietra rotonda.
Allora ho pianto come un bambino. Non avrei più incrociato i suoi occhi di cielo e ascoltato le sue parole carezzevoli o decise.
La sorpresa di Pasqua
Il giorno dopo ho girovagato per la campagna; il “capobanda” smarrito come un cane randagio. Sarebbe stato meglio morire con lui, infilzato mentre tentavo di staccarlo da quei maledetti chiodi. La mia vita non aveva più senso.
Non riuscivo a rassegnarmi all’idea che Gesù dovesse sparire peggio di un assassino. Pazienza i due delinquenti ammazzati accanto a lui. Loro si meritavano quella fine. Ma lui no!
Sabato mattina accadde una cosa che mi fa venire ancora i brividi. Alcune donne, che conoscevo bene, sono andate al cimitero per profumare il corpo del Maestro. Per poco non svennero dalla paura trovando la tomba vuota e sentendo da un angelo che Gesù era vivo e aspettava i suoi in Galilea.
Ho pensato che il troppo dolore avesse combinato un brutto “scherzo” al cervello delle mie amiche. Quando, però, furono in tanti a dirmi di aver incontrato davvero il Signore mi sono messo a rincorrerlo dappertutto fin quando l’ho trovato in riva al lago. Stava cercando di convincere gli apostoli di non essere un fantasma. Ricordo bene le sue parole: “Guardate le mie mani e i miei piedi! Sono proprio io!”. E lo era davvero, con le ferite ancora fresche della crocifissione.
Rimasi a contemplare la scenetta con il cuore che batteva a mille. Avrei voluto saltargli al collo e dirgli: “Sei troppo forte, amico mio. Non ti mollerò più. A costo di farmi ammazzare”. Non ho voluto rovinare la magia di quell’incontro con i suoi, mentre mangiavano pesce alla brace. Mi sembrò di capire, comunque, che si era accorto della mia presenza.
Non lo rividi più. Seppi che “aveva preso il volo” per tornare a casa di suo Padre, con la promessa che non ci avrebbe lasciato mai più. L’avremmo incontrato spezzando il pane, come aveva fatto Lui nella Cena d’addio e nella sua nuova famiglia, la Chiesa.
Questo che può sembrare il racconto di un pazzo è, invece, la sacrosanta verità. Da me potete aspettarvi di tutto. Ma non che sia un bugiardo. È l’unica cosa che non so proprio fare. Fidatevi, altrimenti andate a leggervi i vangeli. Parola di Jonathan, un ex-teppista di periferia, che ha perso la testa per Gesù. Più forte di ogni violenza. Più forte della morte, perché Figlio di Dio.
VALERIO BOCCI