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I SAPORI BUONI DI JULIETA VENEGAS

Il francobollo con cui è stata spedita nel resto del mondo la musica di Julieta Venegas reca il timbro di Tijuana, animata cittadina del Messico dov’è nata. Sarebbe sbagliato, però, incasellarla frettolosamente tra quegli artisti dalle marcate connotazioni sonore latine. Della sua terra, infatti, mantiene solo qualche suggestione sparsa qua e là, mentre le sue canzoni abbracciano più ampi orizzonti di suoni, dal rock al pop. D’altra parte, alle spalle di Julieta, c’è un bagaglio di esperienze variegate quanto notevoli.
A 8 anni è già alle prese con gli spartiti della musica classica, che affronta prima al piano e poi al violoncello. L’ascolto del reggae e del rock, però, le fa cambiare indirizzi e si aggrega ad alcuni gruppi della scena messicana. Passa quindi a comporre canzoni per sé, finite nel suo album d’esordio del 1997, “Aquì”, che la fanno conoscere nel suo Paese.
Per Julieta quel disco serve da rampa di lancio per altri mercati. Incide due lavori, “Bueninvento” e “Sí”, con cui ottiene riconoscimenti importanti in tutto il Sud America e negli Stati Uniti. Rimane ancora da conquistare l’Europa, ma è solo questione di tempo. Infatti, con l’ultimo “Limon y sal”, Julieta scala le classifiche del nostro continente, Italia compresa, grazie anche alla contagiosa melodia del singolo “Me voy”, uno dei tormentoni della scorsa estate. Ma nell’album c’è molto di più, come ci ha raccontato lei stessa durante l’intervista.


L’intervista


Hai intitolato l’album “Limon y sal”, “Limone e sale”, “ingredienti” dai sapori forti. Perché?
Il limone e il sale sono molto usati nei cibi e nelle bevande della cucina messicana. Si accompagnano all’idea dei sapori buoni, che danno una sferzata di colore alla vita, proprio come l’amore, il sentimento cantato nella maggior parte del disco.

Hai “condito” le canzoni con spezie diverse. Come mai?
Mi piace tutta la musica, al di là dei generi. Se a un brano dona un vestito piuttosto che un altro, non sto a cambiarlo, sarebbe sbagliato. Ho seguito solo la mia ispirazione. Per questo, è scaturito un lavoro vario, che pesca da più stili.

Qual è la scintilla che fa nascere un tuo pezzo?
Quando sono in giro per il mondo, talvolta mi accade di prendere degli appunti su ciò che mi colpisce, ma di solito le canzoni scaturiscono sul pianoforte di casa. Trascrivo in note le emozioni che sento, provocate non solo da storie personali ma anche dalla lettura di libri, altra mia passione.

Molti tuoi colleghi dell’area latina, al contrario di te, cantano anche in inglese. Pensi di seguirli su questa strada?
Per adesso, non mi interessa. Quando scrivo, metto le mie emozioni nelle canzoni e quel che sento lo vivo parlando lo spagnolo. Sono il risultato delle storie che riguardano la mia famiglia, gli amici, me stessa, e possono solo scaturire nella mia lingua.
Quanto sei rimasta sorpresa del successo ottenuto in Italia?
Mi ha fatto piacere, ma il mio obiettivo non è mai stato perseguire il successo commerciale. Cerco di fare semplicemente la mia musica, di esprimere i miei stati d’animo. Il fatto che “Me voy” sia diventata un hit nel vostro Paese non era assolutamente pianificato. Meglio così, ovviamente.

In Italia iniziamo a conoscerti solo adesso, ma la tua popolarità è cresciuta in tanti altri Paesi grazie ai precedenti album. Quanto sono simili all’ultimo?
I primi due dischi avevano un’impronta decisamente più rock e alternativa, mentre con il terzo mi sono aperta ad altri generi. È stato un album importante, in cui ho voluto esplorare sonorità diverse e che ha venduto parecchio. La mia musica ha conquistato così spazi maggiori al di fuori del Messico, dagli Stati Uniti alla Spagna, e con “Limon y sal” l’intenzione è di allargare ancora di più i confini.

Hai incominciato con la musica classica. Cosa ti ha fatto abbandonare quella strada?
Un giorno degli amici mi hanno invitato a suonare in un gruppo rock e sono rimasta ammaliata dall’atmosfera di libertà che si respirava. È stata un’esperienza divertente e coinvolgente, e ho capito in quel momento che la musica che avrei suonato sarebbe stata diversa dalla classica.

CLAUDIO FACCHETTI
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©AGOSTINO LONGO
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