150 milioni di persone frequentano abitualmente il mondo virtuale dei games. E' in forte aumento il numero dei ragazzi che trascorrono il loro tempo con un joy-pad tra le mani. Perché piacciono tanto a piccoli e grandi. I possibili rischi.
Ha stregato, finora, 45 milioni di persone. E' Final Fantasy, il titolo di uno dei videogiochi di ruolo più venduti al mondo. Lanciato nel 1987 è giunto al dodicesimo episodio, Final Fantasy X-2. Ne sono stati già venduti 3 milioni di copie in America e Giappone; altrettante se ne prevedono in Europa.
Questo game è solo la punta di un iceberg. Nel 2004 è prevista l’uscita di almeno dieci videogames dalla forte attrattiva, in quanto sequel di giochi tra i più gettonati: Driv3r, The Sims 2, Gran Turismo 4, Half-life 2.
Rappresentano mille mondi fantastici che offrono affascinanti avventure virtuali, da vivere nel ruolo di un avventuriero medievale, un campione di calcio, un pilota di Formula 1, un’eroina futuristica, viaggiando nel tempo e nello spazio.
Sono diventati un fenomeno planetario e un vero business commerciale. Il club dei videogiocatori conta 150 milioni di appassionati dai 5 anni in poi. In Italia ruotano intorno ai 4 e 5 milioni. La parte del leone è formata dagli adulti (da 24 a 44 anni), I ragazzi li seguono a ruota. Sono espertissimi sui nuovi giochi e si affrontano come altrettanti guerrieri elettronici.
La sfida sta divertendo globale. I players presto giocheranno non soltanto gomito a gomito ma on line, via internet. Dalla propria console potranno partecipare a una partita calcio, agli “sparatutto” o ai giochi di strategia in un vero campionato mondiale. Sono in arrivo anche le nuove console portatili che pesano solo un etto. Presto le troveremo sugli schermi tv, applicati sui sedili posteriori delle auto.
Un grande affare
Nel supermarket dei videogames l’offerta è ampia e i “generi” sono definiti, anche se il vento sta cambiando. I creatori attuali tendono ad inventare giochi con elementi di diverse categorie. Mescolano, cioè gli “arcade” (giochi di ruolo, avventurosi), con gli “sparatutto” (il giocatore “entra” nel personaggio con l’obiettivo di far fuori i nemici).
Vanno forte i giochi di simulazione (guidare auto, moto, pilotare aerei, ecc), quelli sportivi, soprattutto il calcio, e i personaggi delle serie televisive giapponesi, zeppi di animaletti e robot, per i più piccoli. Seguono i giochi di strategia in cui il giocatore è il dominatore dell’ambiente (per esempio è sindaco di una città). Infine, i “picchiaduro” (con scontri fisici tra il giocatore e il personaggio principale) e i games d’azione.
Molti dei nuovi videogiochi si ispirano a pellicole di successo, come Il Signore degli Anelli, a romanzi, a fumetti e a giochi da tavolo. E avviene anche il contrario: i personaggi dei videogiochi prendono vita nei film: è il caso di Spy Kids 3 – Game Over con ragazzi mini-spie che si misurano con Sylvester Stallone, George Clooney e Antonio Banderas.
La maggioranza delle storie è interpretata dai maschi. Le figure femminili fanno da contorno, ottime per lanciare mode e gadgets su cui fiorisce il business commerciale. Ad eccezione di alcune eroine, capitanate da Lara Croft di Tomb Raider, le cui avventure sono anch’esse diventate film, con Angelina Jolie nei panni di Lara.
L’industria del virtuale non conosce crisi economiche e può permettersi costi incredibili. Le trame si complicano, le grafiche e le ambientazioni sono sempre più elaborate e iperrealistiche, l’interattività è sbalorditiva. Si è passati dal budget medio di 300 mila euro di dieci anni fa all’attuale 1 milione mezzo. Le sceneggiature sono sovente firmate da scrittori famosi, come Tom Clancy o Paolo Coelho, e le colonne sonore realizzate da musicisti celebri. I soldi spesi tornano indietro moltiplicati: il solo settore dei giochi in rete (gaming on line) produrrà nei prossimi 12 mesi un giro d’affari di 1,3 miliardi di euro.
Dipendenza, ma non solo
Ma perché piacciono tanto i videogiochi?. Innanzitutto perché divertono. Poi aiutano a scaricare l’aggressività e permettono di “esplorare” mondi diversi da quello reale e sfuggire alle sue regole. Diversamente dal libro, cinema o tv, i videogiochi fanno diventare protagonisti attivi di una storia, in diverse “versioni” offerte dal creatore del gioco.
Nel tempo, però, rilasciano alcuni effetti collaterali. Il videogioco va oltre il passatempo, e diventa quasi una “realtà parallela”, un mondo di fantasia dove rifugiarsi e vivere da eroi. Una fuga virtuale dalla quotidianità che può creare “dipendenza”.
Sempre più ragazzi trascorrono troppe ore, anche notturne, in sfide con nemici inesistenti, rubando tempo alla vita “normale”. Isolandosi. La “dipendenza” può avere effetti anche sul fisico: ragazzi colpiti da attacchi epilettici causati (nei soggetti predisposti) da troppe ore trascorse davanti allo schermo. Altri, sempre per la tensione accumulata, soffrono di tachicardia, giramenti di testa, dolore alle mani, sudori freddi, attacchi di panico e “mal di mare”.
C’è un altro dato che fa problema: l’“età” dei giochi. Invecchiano rapidamente con l’arrivo di versioni più sofisticate ed “esigenti” che richiedono console o computer aggiornati. Devono essere adeguati anche i processori e i joy pad (sostituto del joy stick) con i comandi moltiplicati (anche 8-10 tasti). La spinta al consumo è evidente, con i relativi enormi guadagni per i creatori e i realizzatori di questi programmi.
Ma non è tutto. Troppi giochi sono impastati di violenza esagerata, dai dettagli raccapriccianti. Alcune storie danno la possibilità di immedesimarsi in una fauna assortita di personaggi fortemente negativi (mafiosi, nazisti, spacciatori, ladri di auto…).
Di fronte a questi problemi, c’è chi grida “al lupo, al lupo!” e chi, invece, esalta l’interattività che farebbe funzionare meglio il cervello . A chi dare ascolto? Come sempre, al “buon senso” che preferisce i programmi intelligenti e scarta quelli imbevuti di troppo sangue e zombi. E un tempo ragionevole passato davanti al video.
GRAZIELLA TETA