Lo hanno intitolato
Argento gli Sugarfree il loro secondo, atteso album ma, parafrasando le gare olimpioniche, la band punta all’oro, quello che certifica le grandi vendite di dischi. Un traguardo che, a dire il vero, il gruppo ha già tagliato più volte da vincitore. Come nel 2004, quando ha pubblicato il singolo Cleptomania , "bruciando" nel giro di poche settimane oltre 40.000 copie, per
ripetersi qualche mese più tardi con l’album Clepto-manie.
Un esordio, insomma, fulminante, contornato da primi posti nelle classifiche, premi a valanga e concerti zeppi di gente ad applaudire le loro canzoni dai sapori pop-rock. Un risultato apparentemente facile, frutto invece di tanti sacrifici
e di salite sulla strada del successo che sembravano impossibili da superare.
Gli Sugarfree, difatti, è dal 2000 che cercano un posto al sole. Si fanno apprezzare a Catania, la loro città, come cover band di classici del rock ’n’ roll e del rhythm and blues, ma la svolta avviene quando il cantante Matteo Amantia si unisce agli altri quattro, Luca Galeano (chitarre), Carmelo Siracusa (basso), Giuseppe Lo Iacono (batteria) e Vincenzo Pistone (tastiere).
È il 2003, e il quintetto prova a staccarsi dai brani altrui per scriverne di propri. Scaturisce
Cleptomania e la vita cambia. Sulle ali della popolarità, nel 2006 approdano al Festival di Sanremo con Solo lei mi dà, dove fanno un’ottima figura, mentre all’inizio
di quest’anno si rifanno vivi con un altro singolo, Scusa ma ti chiamo amore , tema dell’omonimo film sbanca-botteghini.
Uscite, come si nota, centellinate. Gli Sugarfree, infatti, non hanno avuto fretta di realizzare il secondo disco, di cavalcare l’immediato successo con il rischio di fare un passo falso e di sparire, come è già accaduto ad altri artisti. Per questo sono passati praticamente quattro anni dall’esordio, ma oggi possono andare orgogliosi di Argento che, pur mantenendo l’impronta pop, allarga i confini al rock, all’electro, al country. È iniziata così una nuova "corsa" verso il podio più alto: l’oro è a portata di mano.
L’intervista
Sono passati quattro anni dall’esordio. Come mai?
Non siamo stati con le mani in mano. Oltre alle uscite dei singoli e alla partecipazione a Sanremo, abbiamo fatto un paio di lunghi tour che ci hanno impegnato parecchio. Poi è incominciata la lavorazione del nuovo disco, a cui abbiamo messo particolare attenzione perché si trattava anche di mettere a frutto quanto imparato in questo periodo. Siamo maturati come musicisti e come persone, e tutto questo si è poi naturalmente riflesso nei brani.
Quale "volto" avete voluto dare all’album per differenziarsi dal primo?
Ci sono molte contaminazioni con altri generi, anche inconsueti, come i ritmi del bolero, del funk, del country, che però fanno parte del nostro bagaglio di musicisti. Generi che si sono plasmati con il nostro linguaggio pop senza forzature.
Perché lo avete intitolato Argento?
La canzone omonima riassume in sé i contenuti del disco e, quindi, ci è sembrata l’ideale per titolare l’album.
Argento è un invito a soffermarsi sui piccoli, semplici momenti della vita a cui spesso diamo poca importanza, a cogliere le emozioni e i sentimenti nelle pieghe della quotidianità. D’altra parte, la vita e i rapporti umani
sono i temi portanti dei brani.
I ragazzi, a cui vi rivolgete, sono capaci di vivere questa semplicità o sono distratti da tv, telefonini, games?
Purtroppo, con dispiacere, bisogna prendere atto che tanti di loro mancano di genuinità, incantati dalle sirene dei media. Non siamo vecchi, eppure talvolta rimaniamo spiazzati davanti ai comportamenti, talvolta violenti, dei ragazzi. Invece coltivare passioni sane come fare musica o sport, senza il vincolo del dover per forza "diventare famosi", ti fa crescere bene.
Hai accennato al "diventare famosi", a cui tanti puntano pensando sia una passeggiata.
In realtà, è sempre difficile. Abbiamo passato anni nell’anonimato, studiando comunque ore e ore sugli strumenti, senza sapere ovviamente se mai saremmo arrivati. Inutile nascondere che poi, per emergere, ci vuole anche un pizzico di fortuna.
Tornando a voi, il singolo apripista, Splendida, è la colonna sonora del film Appuntamento al buio. Vi state specializzando nel cinema?
Abbiamo voluto confrontarci con il cinema. Abbinare la musica alle immagini non è facile e quando ci è stato proposto, la prima volta, di commentare Scusa ma ti chiamo amore, ci è sembrata una sfida stimolante. In pochi minuti, devi concentrare il messaggio di un film. E senza voler passare da presuntuosi, le opinioni sono state positive, sia del regista che degli addetti ai lavori. Non potevamo farci sfuggire la possibilità di ripetere l’esperienza con Splendida.
Cosa vuol dire, per voi, fare musica?
Ci dà un’energia indescrivibile, una forza per superare tutti gli ostacoli, anche quelli che la vita ci mette inevitabilmente davanti. Le sette note hanno la capacità di consolarci dalle amarezze e di esaltarci nei momenti di gioia. Qualcuno ha detto che la musica classica è il modo migliore per avvicinarsi a Dio: aveva ragione, perché trasmette nell’animo serenità. Quando suoniamo, insomma, voliamo.
©MondoErre - Claudio Facchetti