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Non liberiamo di nuovo Barabba

C’è sempre un momento, nella storia di un artista, che segna la svolta tanto attesa e tanto sofferta. Per Fabrizio Moro è arrivata nel 2007, al Festival di Sanremo. Salito sul palco dell’Ariston come esordiente, aveva presentato Pensa, un’intensa ballata dedicata alle vittime della mafia. Un testo duro, impegnato, su una coinvolgente melodia in crescendo.
 
Poteva sembrare un azzardo. Invece, non è passato inosservato e anzi, forse unmoro po’ inaspettatamente, ha vinto la sua categoria, quella dei "Giovani", e il premio della Critica. Non solo: ha vinto anche nelle classifiche. E il successivo album dallo stesso titolo ha guadagnato il disco d’oro per le vendite.
 
Tutto facile? Non proprio. Per Fabrizio, raggiungere quel traguardo è stato quasi come scalare l’Everest, superando di volta in volta gli ostacoli che si trovava di fronte. D’altra parte, prima della sua affermazione, c’erano già state tante porte sbattute in faccia, due dischi passati quasi inosservati, una partecipazione a Sanremo finita nel dimenticatoio.
 
Lui, però, non si era dato per vinto. Quella passione per la musica, accesasi quando aveva 12 anni prendendo tra le mani una chitarra, "sentiva" che lo avrebbe portato da qualche parte. Ha saputo aspettare il suo momento, coinciso con Pensa.
 
Da allora, per Fabrizio le cose sono andate decisamente meglio. Un’altra partecipazione al Festival nel 2008 con Eppure mi hai cambiato la vita, dove si piazza terzo tra i "Campioni", e l’album della conferma, Domani, con canzoni sempre in bilico tra pop e rock di qualità. Adesso è il turno di un mini cd, Barabba, cinque brani inediti dall’atmosfera più intimista, dove il cantautore romano "parla" sia di sentimenti che di problemi sociali in modo profondo, mai scontato. Ecco cosa ha raccontato a Mondo Erre.
 

L’intervista

Tra tanti personaggi, hai scelto Barabba per intitolare il tuo cd. Perché?
Secondo il vangelo di Giovanni, Barabba era un brigante e in questi ultimi tempi mi sembra che circolino tanti Barabba che cercano di controllare la nostra vita. Come dico nella canzone omonima, nella società, a tutti i livelli, se non hai una raccomandazione non vai avanti. E servono a poco le tue capacità, rare volte sono premiati i più meritevoli.
 
Quindi oggi tra Gesù e Barabba, tanti preferiscono il brigante. La storia non insegna nulla?
moroSembra di no, almeno per parecchie persone. Se non conosci Barabba, o i suoi parenti, pare che concludi ben poco nella vita, la meritocrazia è un concetto in via d’estinzione. Amareggia constatarlo, ma in qualche modo siamo tutti "raccomandati": per trovare un lavoro o fare una visita medica, devi conoscere quella persona che ti può dare una mano… Funziona così, e chi prova a seguire le regole passa per stupido.
 
Una soluzione?
Ho notato, in me stesso ma anche in tante altre persone, che questo disagio ci spinge a curare di più i nostri affetti, dall’amore all’amicizia. Sono valori fondamentali, un buon balsamo per i dolori, i disagi, le insicurezze e servono a infondere coraggio per non cedere ai compromessi, per trovare un sorriso anche tra le difficoltà. Perché non vinca Barabba.
 
Una canzone può cambiare qualcosa?
A livello pratico certamente no, ma nell’animo delle singole persone credo di sì. Ne ho avuto l’esempio con Pensa: tanti ragazzi non sapevano chi erano i giudici Falcone e Borsellino uccisi dalla mafia, ma quel brano è servito alle maestre per spiegare a scuola cosa avevano fatto questi due grandi uomini. E chissà, forse sentendo la loro storia, qualcuno di quegli alunni sceglierà domani di fare il giudice.
 
Oggi come ieri le tue canzoni cercano di esprimere concetti mai banali.
Dire "qualcosa" di importante con la musica lo ritengo fondamentale. Siamo purtroppo abituati a sentire tante banalità e per molti artisti che provano a fare qualcosa di diverso è senza dubbio più difficile trovare spazio. Ognuno segue la sua strada, e io alle ospitate televisive preferisco i concerti di piazza, quelli magari dedicati al santo patrono.
 
Come mai?
In queste manifestazioni ti trovi di fronte non solo i tuoi fan, ma gente di tutte le età, dall’anziano al ragazzo che non sa chi sei. Ti misuri con una folla che devi conquistare canzone dopo canzone, ogni sera è davvero una sfida, altro che i talent show.
 
Non ti piacciono X Factor e Amici?
Sono programmi che non sopporto perché gettano fumo negli occhi dei ragazzi. In queste trasmissioni ci sono senza dubbio tanti talenti, ma il successo non si moroottiene così. Una volta che hai vinto, puoi vendere anche migliaia di dischi, ma dopo non vai da nessuna parte. La carriera si forma a tappe, sulla strada, con la fatica, perché la tua affermazione la costruisci con la credibilità artistica, perché "senti" di avere qualcosa da dire. In un talent show tutto questo non c’è. Prevale l’idea di inseguire la fama, di apparire, ma non è sufficiente per sostenere una futura carriera.
 
Allora cosa occorre?
Quando una canzone esprime un concetto, magari impiega degli anni ad arrivare, ma poi ci riesce. Ho scoperto la prima volta Ligabue grazie a un amico: il passaparola è importante nella musica, soprattutto quando fai le cose con serietà. Vuol dire che ti stai creando un tuo pubblico. Al contrario, vincere un talent show non ti dà alcuna sicurezza: adesso ci sono i teen ager che acquistano il cd, ma fanno anche in fretta a dimenticarti. O a cambiare gusti. Non è così facile fare il salto di qualità, allargare la tua audience.
 
La musica si fruisce attraverso il download, l’iPod e il telefonino. Cosa pensi di questi strumenti?
Cerco di conviverci. Sono un cultore del suono, nel senso che nei miei cd curo con attenzione ogni sonorità. Ascoltare che poi tante sfumature, e quindi tanto lavoro, svaniscono quando le canzoni finiscono in un cellulare o in un iPod, non mi fa piacere. Tuttavia, questa è la realtà e alla fine l’importante è che la musica si diffonda.
 
©Mondo Erre - Claudio Facchetti
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

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©AGOSTINO LONGO
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